di Marco Bonfanti
Domenica, che ero a Lumezzane per vedere la squadra di casa contro il Lecco, mi è venuto in mente, guardandomi intorno, di scrivere questo pezzo, che è un pezzo, per l’appunto, celebrativo. Celebra, con le parole, una categoria di persone che io ogni domenica vedo allo stadio, quindi perennemente presenti, ma che però non sono i tifosi. Stanno lì allo stadio in forme diverse: alcune sono giovani e sono lì con i genitori che le accompagnano in questo domenicale compito, altre sono più anziane e magari hanno pure i figli, che portano alla stadio e cercano di curare durante la partita.

Le persone da celebrare sono le donne dei calciatori, fidanzate e mogli che siano. Io di esse, cioè di questa allargata categoria, non conosco personalmente nessuno, è soltanto con il colpo d’occhio che le riconosco, anzi con una semplice deduzione, se allo stadio di serie D vedo una giovane donna, penso: questa avrà una relazione con qualche calciatore. Voglio celebrare questa categoria perché suppongo che nella stragrande maggioranza dei casi queste donne vanno a vedere le partite per dovere amoroso e non perché siano particolarmente interessate al calcio. Quindi mi sembra che queste donne facciano abitualmente un’opera meritoria, perché la passione è per il loro uomo e solo di riflesso per il calcio giocato. Se ne stanno lì compunte che guardano, di certo con un occhio di riguardo per il proprio uomo, prima di tutto che non si faccia male e che non torni a casa troppo stanco. Poi che vinca la sua squadra, così al ritorno lui, il calciatore non avrà tristezze né sensi di colpa né impotenze pedatorie.

Che poi a guardare attualmente la serie D, che è sempre più calcisticamente degradata, ci vanno solo i sadomasochisti come noi tifosi, che per un bene supremo, la vittoria della propria squadra, ci sciroppiamo partite noiose, brocchi in circolazione, mancanza assoluta di respiro e di prestigio. Ma noi veniamo da un’infanzia deprivata, abbiamo tanti problemi e così ci puniamo vedendo il purgatorio in terra della serie D.  Ma loro, queste donne, non sono come noi, loro sono innamorate di un qualcuno che si muove in campo e lo seguono fedelmente, e per questo vanno celebrate.

Che poi a pensarci bene hanno anche un destino un po’ strano, perché se si innamoravano di un meccanico mica andavano a vederlo aggiustare le macchine, se di un imbianchino a pitturare le case, se di un bibliotecario a distribuire libri. Cioè se si innamoravano di un’altra professione, ognuno poteva farsi i fatti suoi, ma hanno scelto una professione pubblica e gli tocca ogni domenica di presenziare. Che poi, come dicevo, certe di loro hanno pure i figli e i figli hanno una maglia della società e stanno nel parterre a giocare al pallone ed è questo il destino, perché se giocassero alle macchinine andrebbe tutto di traverso. Dopo di che è chiaro che se tu sei la donna di un divo di serie A, diventi anche tu un po’ diva per riflesso. Ma se ti accompagni con un onesto partecipante di serie D, fai anche tu la partecipante e morta lì. Rischi il più completo anonimato. Per questo ho voluto dedicare loro questo pezzo, per dare loro tutto il riconoscimento che si meritano. Cosicchè, mentre in settimana stirano la maglia, sappiano che c’è chi le apprezza. E capisce il fondamentale ruolo di tenere insieme la baracca. Anche se solo di serie D.