ares
di Matteo Bonfanti
Ormai da anni mi chiedo quanto conti la tifoseria di una squadra. Da ragazzo, quando giocavo, male, nell’Olginatese, ho sempre pensato non fosse una cosa importante, insomma ritenevo che gli ultrà non cambiassero di una virgola il naturale andamento di una gara. C’erano, stavano lì in tribuna, una cinquantina d’anime, brava gente che non insultava nessuno. Io non li sentivo: scarso ero senza i loro cori e non diventavo d’improvviso Paolo Maldini quando cantavano. Partendo da me, vivevo i novanta minuti nella certezza che la formazione meno forte finisse a perdere contro gli avversari più dotati, pur con diecimila persone a sostenerla. Capita, ma non è così, è più il contrario, tantissimo in Serie A, dove l’esempio è proprio l’Atalanta, che da quando la frequento per lavoro, l’ormai lontanissimo 2000, al Comunale gioca a mille all’ora e fa sfracelli, in trasferta spesso rallenta, sbiadisce, diventando la brutta copia di se stessa.
Avviene nell’olimpo del pallone, succede nel calcio dilettanti, dove è tutto più piccolino, ma le regole del gioco sono identiche. La conferma proprio questa settimana, domenica, match del Girone A di Seconda. L’Ares Redona inizia la sfida contro la Roncola priva della propria torcida. E va sotto: pronti-via, Gokovi (che giocatore) s’inventa un gran numero e manda in porta Bolis che non sbaglia. La Roncola fa festa e il (pochissimo) pubblico presente si convince che con l’arrivo di Frigeni in panchina qualcosa sia cambiato. Ma poi, giusto con quell’attimino di ritardo, ecco la comparsa di un bel gruppo di tifosi della Nord. Si mettono d’impegno e caricano a mille i locali, la squadra del Bocia, il loro capopopolo in campo con la maglia numero sette, a mettere ordine in mediana. Incredibilmente i padroni di casa si trasformano, diventano leoni, e in un’ora ne fanno cinque, con un Donadoni che pare Cristiano Ronaldo tanto è ispirato. Non solo lui, prove da urlo anche del già citato Bocia, al secolo Claudio Galimberti, di Casari, Civera, Marcelli, Bonomi, Marchesi e Monti. Finisce 5-2, festa in campo, festa sugli spalti, e la lucida analisi di mister Guido Galimberti, che ogni tanto passa di qui, in redazione, ed è davvero un bel tipo, esperto di calcio, ma tranquillo, senza strafare, di quelli con cui si parla un gran bene. Dice: “Il pubblico atalantino accorso in massa a sorpresa ci ha sicuramente dato la carica: a cori, striscioni e fumogeni da queste parti non siamo abituati. Mi fa piacere pensare che ci abbiano dato la scossa dopo un avvio poco positivo”.
Dal particolare al generale. Tolti mia mamma e il mio collega Marco Neri, chi sta leggendo questo articolo è certamente un calciatore. E a noi piacerebbe sapere cosa gli fa sentire il suo nome gridato sugli spalti, com’è che gli mette una forza dieci volte più potente nelle gambe.