In principio furono Raimondi, Toloi e Masiello. Poi l’accantonamento quasi subitaneo del grintoso sedrinese, troppo jolly, troppo esterno e troppo poco mastino per fare il centrale. L’anima bergamasca verace, in scadenza di contratto, di una squadra che ha bisogno di riconoscersi nei figli del territorio da cui trae linfa vitale e supporto genuino. Decisivi i sorci verdi materializzati per interposto Muriel, a Marassi, per sgranocchiargli fiducia in se stesso, chilometri di velocità di crociera e qualche anno di vita speso a rincorrerlo con la lingua in gola. Il terzetto Masiello-Toloi-Zukanovic è durato finché l’uomo solo al comando, con l’esonero nelle pupille, non ha deciso di piantare nel vaso della serie A i virgulti di ritorno cresciuti nella serra di Zingonia. Affidando lo scranno di ministro della difesa a un ragazzone di Scanzorosciate reduce dalle stagioni formative in serie cadetta a Trapani e a Cesena.

Lo spartiacque del 2 ottobre, contro il Napoli e contro Milik, ha le fattezze di Mattia Caldara. In campo dallo start con un Gagliardini che mai avrebbe pensato di essere ceduto all’Inter di lì all’11 gennaio, l’azzardo ben riuscito che ha fatto epoca. Un ’94 non è più un baby e ci mancherebbe, ma lui oltre che il perno del futuro, più della Juve che dell’Atalanta visto l’affare definito a cavallo delle feste di fine anno, è la certezza del presente. Gettato nella mischia, non ha più mollato l’osso, cavandosi pure lo sfizio di metterla a Pescara, Sassuolo e Roma. Un tris come il compagno redento dal pasticciaccio brutto di scommessopoli, ma in sole quattro giornate, impresa da bomber di scorta. La considerazione e la fiducia di Gian Piero Gasperini non hanno vacillato nemmeno per un amen, i colleghi del picchetto di guardia hanno dovuto accettare di far ala al nuovo Bonucci, col brasiliano e il pel di carota viareggino titolari davanti a uno Zuka sempre sull’attenti. Ma per il Profeta di Grugliasco, nel calcio, d’immutabile e definito non c’è una mazza. A livello filosofico e pratico. Ha accelerato il prepensionamento di Willy Stendardo, una bandiera comunque lo si voglia guardare con parecchie stagioni a sventolare dal pennone, fino alla cessione in Abruzzo. Quindi, dopo il chiacchierato rabbuffo in allenamento all’oriundo e al corazziere di Sarajevo, sulle ambizioni degli azzannacaviglie veterani di conservare il posto al sole s’è messo un Bastoni fra le ruote. Dal grande acquario della leva del novantanove ha abboccato all’amo l’Alessandro da Piadena, maggiorenne il 13 aprile, spedito al fronte in occasione del primo bottino pieno del 2017 contro la Samp insieme al coetaneo Melegoni e ancor prima nel quarto turno di Coppa Italia contro il Delfino il 30 novembre scorso insieme al gangster d’area Capone.

E vai di novità e sorprese, la cifra di un’annata a metà del guado tra le grandi illusioni coi piedi per terra e i sogni fantasticando d’Europa. Il battesimo del fuoco del gioiellone – una garanzia in anticipo e nei recuperi – alla settima convocazione suona come significativo delle strategie societarie in accordo con le idee del maestro d’acuti e soffiati che dà indicazioni a bacchetta sotto la volta di plexiglass. Sul trio le posizioni non cambieranno se non a ragion veduta, e l’inserimento in lista del capitano della Primavera Riccardo Gatti (’97) nell’ottavo da mission impossibile allo Juventus Stadium non dovrebbe mettere in discussione granché. Nemmeno le incombenze da jolly di Konko, favoloso proprio contro i bianconeri a cui ha perfino segnato, pupillo del mister che ne ha sempre una: lungo peroniero sinistro, what?

Mancano all’appello gli assoldati per difendere i legni. Stessa politica adoperata per gli altri reparti, ma al diapason. La quintessenza del ripudio totale del passato anche recente. Il rendimento decide molte cose, ma alla fin fine conta la ragion di stato, pardon della cassa. Partito Sportiello davanti a chiunque, le sue papere hanno indotto il Gasp e preferirgli Berisha e la dirigenza a cacciarlo addosso alla Fiorentina con obbligo d’acquisto e prestito oneroso. Poi la rescissione di Bassi, il prestito di Gollini, portiere dell’Under 21 che tornerà utile qualora la Lazio alzasse il prezzo per il riscatto dell’albanese, e il rientro alla base di Francesco Rossi dopo uno svezzamento in prestito perdurato fino al quarto di secolo. Evolution is revolution, il darwinismo applicato al football parla nerazzurro.

Simone Fornoni