Zingonia – «Siamo in ventiquattro, ma il problema è che ce ne sono troppi a mezzo servizio». Non male, come premessa della vigilia, per Stefano Colantuono: «Se oltre alla buona prestazione riuscissimo a fare risultato, non sarebbe male. Ma le seconda cosa contro una squadra come la Juventus è la conseguenza della prima».
L’Atalanta affronta la capolista nel Christmas Match tra mille dubbi e pochissime certezze. E il suo condottiero si guarda bene dallo sciogliere la riserva: «La formazione non ce l’ho e in ogni caso non ve l’avrei mai data. Ci sono problemi con Scaloni, che ha male al ginocchio, e Canini, che ha un affaticamento muscolare anche se l’ecografia ha dato esito negativo». Situazioni al limite, che farebbero pensare a una retromarcia verso la retroguardia a tre, se non fosse che la contemporanea presenza dei “riciclati” Cazzola e Migliaccio ai lati di Stendardo fa storcere il naso:  «Mah, in caso di emergenza ci si adatta – precisa il Cola -. Raimondi rientra, ma ovviamente non gioca da parecchio e potrebbe essere utile come cambio in corsa. Nica, poi, è influenzato e non l’ho convocato al pari di Yepes: senza terzini potrei anche cambiare modulo». Se sta bene, il valbrembanino è il primo indiziato a ricoprire lo spot di esterno basso a destra, con Brivio dall’altra parte. Ma i dilemmi proseguono dalla cintola in su: «Bonaventura s’è allenato con noi solo nella rifinitura». A centrocampo, fermo restando che gli intoccabili deputati a cucire il gioco sono il geometra Cigarini e il suo fido scudiero Carmona, per le fasce si disputano due maglie lo stesso Jack, Brienza e Kone (per Giorgi, invece, poche chance a prescindere dalla strategia). E davanti c’è spazio per Denis terminale unico con Maxi Moralez a suggerire tra le linee, anche se non manca un elogio che potrebbe far prefigurare una possibile sorpresa: «De Luca ha già giocato insieme a German partendo leggermente dietro, è una fase cruciale per la crescita di giocatori giovani e promettenti come lui. Confermarsi o meno dipende dalla volontà dei singoli».
Fatto sta che di Livaja non si parla nemmeno per scherzo, e allora il discorso si sposta fatalmente sulla corazzata a strisce bianconere: «Mi sembra di parlare di aria fritta. La Juve ha la miglior società, il miglior gruppo, la miglior rosa e il miglior allenatore – osserva sconsolato il mister -. Sta facendo meglio dei due anni precedenti: c’è poco da dire, non mi stupisce che vinca e che continui a vincere. Solo lei può perdere il campionato». E ancora, sulle vedette nemiche: «Tevez ha consentito di variare il gioco d’attacco, Llorente è un uomo d’area pericoloso. Manca Pirlo, che non è facile da sostituire, ma Pogba pur giovanissimo è già tra i migliori nel suo ruolo». Otto vittorie di fila e 740 minuti di porta inviolata per Buffon, ecco le credenziali della prima della classe: «I numeri sono fatti per essere smentiti, le serie positive per essere interrotte. Conoscendo la Juve e il suo allenatore, però, un rilassamento non lo credo possibile». Un’altra missione impossibile, insomma, si staglia all’orizzonte colorato di nerazzurro. Ma il tecnico delle due salvezze ad handicap di fila cerca di diffondere un po’ d’ottimismo: «Anche contro la Roma era una partita difficilissima sulla carta e per i pronostici. Sia come sia, a un minuto dalla fine stavamo vincendo. La Juve è sicuramente più forte, ma la questione è una soltanto: se facciamo quello che dobbiamo fare, concedendo il meno possibile, possiamo aspirare a strappare punti».
Visto che l’atmosfera festaiola induce a nobili sentimenti, considerando i precedenti – vedi tafferugli fuori dallo stadio e lancio di piastrelle e sanitari dal settore ospiti, materiale cordialmente rispedito al mittente – l’allenatore del Davide alla ricerca della fiondata in fronte al Golia di turno si sofferma sull’argomento che scotta. Con un monito: «L’appello alla gente? Ultimamente sembra che non si faccia altro. L’augurio è che sia una partita di calcio e basta. Noi abbiamo il nostro tifo, gli ospiti il loro. I nostri sono di più e noi ne abbiamo bisogno: tutto deve finire lì, all’insegna del rispetto e della correttezza. Se vogliamo migliorare il sistema calcio e questo sport, però, non dobbiamo essere buoni solo a Natale».
Simone Fornoni