di Federico Biffignandi

Giocare una partita di calcio è anche doversi confrontare con altre persone, altre realtà, altri modi di fare che spesso dipendono dalle “origini” della squadra che si affronta. “Fighetti” i cittadini, ruspanti e amanti del bel gioco quelli della Valseriana, tutto corsa e grinta i brembani e i valdimagnini, furbi e tosti quelli della bassa, sportivi quelli dell’hinterland. Ebbene, dopo 6 partite di campionato (che poi sono solo le ultime di 20 anni di calcio in cui se ne sono viste di tutti i colori) può essere il momento giusto per tirare un po’ le somme sulle dispute avute – roba di campo, niente di più – con gli avversari. Sono rimasto impressionato dalla penultima partita, quella vinta in casa contro l’Amici Mozzo. E’ capitato, ed era forse la seconda volta che capitava in carriera, che nel post partita gli avversari si siano complimentati esplicitamente con me e con la squadra per la vittoria e la prestazione senza che, a dire il vero, facessimo cose spettacolari. Lo hanno fatto mentre uscivo dal campo a pochi minuti dal termine dopo aver segnato il gol del vantaggio, in un momento caldissimo della partita stringendomi la mano o dicendo semplicemente “Bravo 11” con la rabbia negli occhi per il risultato ma una sportività grande così. Lo hanno fatto poi al termine dei 90′ uscendo dal campo fianco a fianco ma lo hanno fatto soprattutto il giorno successivo con messaggi tanto inaspettati quanto graditi sia privati che pubblici sulle varie bacheche di Facebook. Tanto che rispondere in modo garbato e all’altezza del loro gesto (che dovrebbe essere la normalità ed invece è una rarità assoluta) mi è stato difficile e mi ha fatto sentire in colpa dal momento che so bene quanto sia insopportabile in mezzo al campo quando vedo una palla che rotola e tre punti all’orizzonte. Mi sono fermato a pensare e a capire che probabilmente dovrebbe essere così, che prendere 3 “gialli” in 6 partite per proteste futili è roba stupida, che rispettare l’avversario e ammettere i suoi meriti dovrebbe essere un obbligo morale soprattutto perchè l’anno dopo “rischi” di trovartelo come compagno di squadra. A volte però risulta così difficile mettere in pratica queste riflessioni e capita quando l’avversario, che ti prefiggi di rispettare sia per impegno personale che più pratico di evitare “gialli” che costerebbero la squalifica, inizia a provocarti già prima che inizi la partita. E’ successo in questi primi due mesi della nuova stagione di essere ospiti e doverci scaldare su campi in terra battuta infangati dove ormai non gioca neanche più l’ultima categoria dell’ultimo campionato del mondo con palloni che già rifiutavano 30 anni fa. Il tutto mentre la squadra di casa si specchiava sul campo della partita già coi palloni ufficiali e, una volta in campo, iniziava ad innervosire con “calcetti” gratuiti a palla lontana e provocazioni verbali che mettono a dura prova i nervi. E finchè succede in campo può anche starci – lo si dice sempre ‘roba di campo’ perchè c’è l’adrenalina e la competizione – ma se ci si mettono pure persone adulte (sulla carta d’identità) sedute in panchina o sugli spalti a rendere una partita di calcio un’ “ignorantata” (come si dice tra i dilettanti) rendendosi ridicoli e rischiando di rovinare uno dei momenti più belli della settimana allora viene voglia di seguire quelli che si allontanano dagli stadi e dallo sport, professionistico e di seconda categoria. Per fortuna che la domenica dopo tutto passa e tutto si sistema, per merito del pallone, del campo verde e di avversari che ti applaudono.