di Evro Carosi
Oggi ho finalmente deciso: non amo suonare la chitarra.
Strano. Ho impiegato più di due anni per capire che non mi interessa diventare bravo come Eric Clapton. Ho mollato altri svaghi molto più in fretta. Avevo deciso di provare ad eccellere in tutte le attività che non ero riuscito a praticare nel corso di una vita passata in fabbrica. Prima di me, mio padre e mio nonno. Hanno fatto una fine che io volevo evitare. Così pensai di poter diventare un tennista bravo come McEnroe. Ma la voglia si esaurì  con la stessa velocità con la quale si esauriva benzina nel serbatoio del mio motorino di quattordicenne. E allora perché non provare con il calcio e far dimenticare Maradona? Raggiunto il risultato, guardando come si era ridotto El Pibe de Oro, pensai non fosse il caso di rischiare (intendiamoci, solo per quel motivo). Tentai anche con la scrittura. Proprio io che non avevo mai letto nulla. Tutti amori effimeri che “se ne andavano così… come se ne va un giorno”, per dirla alla Aznavour.
In compenso, dopo tutti questi tentativi, ho capito: amo il mio lavoro, amo la fabbrica! Certo, fa ridere sentirlo dire in un’epoca in cui tutti sono executive di qualche accidente. Oggi si autodefinisce imprenditore l’agente immobiliare costretto a dismettere  il vestito in vetro resina per lavorare in un call center.
Altri “accettano” di lavorare per una Regione tecnicamente fallita, che già conta oltre trentamila esuberi, assunti per motivi che non sappiamo, ma che immaginiamo facilmente.
Altri già anzianotti  (loro sì che dovrebbero essere in pensione da un pezzo) come la Fornero e Monti, salvator di patria improvvisati che fingono di non sapere che Garibaldi rischiava, come cantava Bruno Lauzi, di rimanere  ferito ad una gamba.
È nata una serie di mestieri moderni che priva di braccia e menti i propulsori del mondo reale: campi ed officine.
In tutte le famiglie è l’esempio dei genitori quello che conta. Noi, come cittadini, non possiamo dire di averne avuti di buoni.
Il popolo si ribella appena decide che non è più tempo di sporcarsi le mani. Lo stato, cattivo genitore, lo accontenta. Dal  settanta in poi aumentano le tasse ad ogni spiffero di malcontento, nella vana speranza di risparmiare sulla pasta lava mani. Se avesse potuto avrebbe pesato ancor di più sul lavoro. Su quello vero.
Lo chiamo ‘lavoro vero’ pur non disprezzando l’opera di giornalisti, scrittori, poeti, cantanti. Tutti lavori d’intelletto. Penso piuttosto che siano loro a non rispettare il mio.
Avete mai visto un tecnico prendere il posto della Barbara d’Urso e mostrare come si monta un macchinario? Mai! Un peccato!
In primis la tv nazionale risparmierebbe nell’acquisto di effetti speciali ‘cela-segni-impietosi-del-tempo’. Ogni anno non solo perde milioni di euro (i nostri), ma vende un’immagine sbiadita della presentatrice napoletana, quasi fosse l’apparizione  della Madonna alle due pastorelle di Lourdes. Oltremodo sarebbe istruttivo, senza dilungarmi sul concetto. Purtroppo la maggioranza delle trasmissioni televisive di istruttivo non ha niente, rendendo impossibile qualsiasi comparazione.
Lo trovo un segnale di disprezzo. Ma questa è un’altra storia, non voglio neppure iniziare a raccontarla. Nella mia mente bacata di passatista il lavoro è inteso come forza per spostamento. Ma solo per me e per qualche altro cretino, forse.
Da domani si cambia! Vendo la chitarra e…  a proposito chi fosse interessato può contattarmi all’indirizzo: www.bellachitarra/anzifavolosa_appartenutaalmaestro-non guardaresoloalprezzo.it. Non voglio correre il rischio di diventare famoso. Vista l’età in tv potrebbero riempire anche la mia faccia di effetti speciali.
Si cambia! Amerò solo la fabbrica, così come lei ha amato mio nonno e mio padre.
Ed ora me.