pedrengodi Matteo Bonfanti
Antonello Algeri dà l’arrivederci al calcio. Dopo quindici anni vissuti da assoluto protagonista del nostro pallone, lo storico numero uno dei Diavoli Rossi ha deciso che è venuto il momento di fermarsi, diventando solo un semplice spettatore. Se si tratta di un anno sabbatico o di un lungo addio lo scopriremo in futuro, resta il fatto che la provincia orobica perde uno dei suoi migliori dirigenti. Entusiasta, spiritoso, generoso, geniale e ambizioso: Antonello Algeri è per chi scrive il presidente dei sogni. E il suo Pedrengo è stato quello che era il Milan del primo Berlusconi: i migliori radunati in una squadra obbligata a stravincere e a divertire i tantissimi in tribuna. Pellegris, Vitali, Carsana, Bucci, Bonicalzi, Birolini, Gullit e Stroppa sono solo otto degli oltre duecento fenomeni che hanno vestito la casacca del club reso grande da Antonello Algeri. Che oltre a essere un impressionante motivatore (vedere per credere i successi della sua azienda, la Prean), è un uomo dallo stile immenso. Che nel giorno dei saluti potrebbe togliersi centinaia di sassolini dalle scarpe, invece, vuole innanzitutto ringraziare chi gli è stato vicino in questi tre lustri di sport. «Sono stati anni fantastici – racconta Algeri -. Con il Pedrengo siamo partiti dalla Terza per arrivare, vittoria dopo vittoria, a conquistare la promozione in Serie D. L’esperienza è stata esaltante per me e per tutto il gruppo Prean che mi ha seguito nell’avventura calcistica. Ricordo le nostre domeniche, un sacco di gente dell’azienda in tribuna a vedere la partita. E poi a mangiare, un po’ incazzati quando si perdeva, felici in caso di successo, ma sempre divertiti, con la voglia di stare insieme».
Immaginiamo i moltissimi che si culleranno tra i fantastici ricordi di quello che è stato il Pedrengo. Capita anche a me che ho conosciuto Algeri all’inizio dell’esperienza Bergamo & Sport, una sera di fine luglio di parecchie stagioni fa. Il suo mister dell’epoca, Marzio Lugnan, pacato e silenzioso, Antonello un vulcano capace di infilare una battuta dietro l’altra: vederli accanto uno spettacolo. Il presidente nel ruolo del Papa: ogni calciatore, il campione come il ragazzotto preso per la regola, a udienza. Per caricarli a molla in vista della preparazione. In ultimo i consigli alla stampa: «Matteo, le foto devono essere grandi. Prean si deve sempre vedere».
Ma perché Antonello Algeri si prende una pausa dal calcio? La risposta è in una lunga chiacchierata fatta all’inizio di febbraio. Il titolo dell’articolo che ne era seguito diceva già tutto. Il “pres” avvisava la giunta del Comune di Pedrengo: “Non costringetemi a lasciare il pallone” e spiegava l’ultimo anno al centro sportivo: l’amministrazione toglie la gestione degli impianti alla polisportiva, in estate fa una gara d’appalto che viene vinta da una ditta di Grassobbio che dopo cinque mesi chiude i battenti. I campi di calcio, di tennis, le strutture degli altri sport, le docce e gli spogliatoi rimangono completamente lasciati a se stessi. La giunta che fa? Non trova un altro gestore, addirittura non lo cerca neanche. Prima fa trovare i cancelli chiusi, poi propone che le società (quella del calcio, quella del tennis e le altre) si arrangino, gestendo in totale anarchia gli spazi che gli servono e, soprattutto, assumendosi ogni responsabilità nella malaugurata ipotesi che anche solo un atleta s’infortuni all’interno della struttura. Ad Algeri viene voglia di ridare le quote di iscrizione alle più di duecento famiglie dei ragazzi che si allenano lì con la maglia dello ScanzoPedrengo. Quindi ci ripensa e fa fare a tutti i tesserati un’ulteriore assicurazione fino alla fine dei campionati. Ma l’amarezza resta. «Se chiudo col pallone è perché fare calcio a Pedrengo è diventato difficilissimo – ci racconta oggi -. Lascio a causa di chi amministra il mio paese. Lo ScanzoPedrengo non c’entra. Anzi desidero ringraziare Oberti e ogni persona del club per queste bellissime stagioni seguite alla fusione».
Viene da dire che è un vero peccato. Un presidente come Antonello Algeri mancherà come il pane al nostro movimento. E parecchi club gli stanno facendo la corte per averlo o come numero uno o come sponsor (Gorle, Aurora Seriate e Villese giusto per dirne tre). Lui declina ogni offerta: «In questi anni ho vinto tutto. E dopo tante promozioni, ammetto, che le motivazioni mi sono un po’ calate. Vedremo, magari tornerò nel pallone quando andrò in pensione…».
Intanto l’arrivederci di Algeri porta a due domande che troveranno risposta solo nei prossimi mesi: che fine farà lo ScanzoPedrengo, una delle regine del calcio orobico? Dove andranno a giocare i tantissimi bambini che oggi vestono la maglia col logo Prean? Qualcosa si può già ipotizzare: difficile che Oberti passi la mano, quindi lo ScanzoPedrengo potrebbe tornare a essere Scanzo. A Pedrengo, invece, qualcosa si sta già muovendo: una squadra in Terza con un buon settore giovanile. «Il signor Mario Fornoni mi ha chiesto una mano – rileva Antonello Algeri -. Io gli ho detto che gli lascio in regalo tutto il materiale: maglie, pantaloncini, borse e tute».
In ultimo un bilancio economico di questi anni di pallone. Quanto sono costati tre lustri ai massimi livelli ad Antonello Algeri e alla sua Prean? «Tanto, non lo nego, ma il ritorno pubblicitario è stato parecchio, a riprova che la Prean è l’azienda numero uno nella Bergamasca, una delle prime tre in Italia con oltre venti filiali nella nostra Penisola. E poi ci siamo divertiti moltissimo. Ma ora sento che è arrivato il momento di fermarsi».
La speranza, aggiungiamo noi, è che sia solo una piccola pausa di riflessione.