di Evro Carosi
Rino aveva lungamente sognato il momento in cui sarebbe andato in pensione. Per più di quarant’anni era stato un operaio operoso, puntualmente puntuale e rispettosamente rispettoso. Ora lo attendevano infiniti momenti di serena serenità. Passato come un soffio l’attimo dei festeggiamenti con gli ex colleghi e ultimato il giro di visite a parenti e amici, era finalmente pronto per la sua seconda vita, smanioso di dedicare tutto quel tempo libero a se’ stesso.
Fu un lungo periodo di sogni e progetti nemici del concreto. Cosi ogni giorno fino al calar del sole. Poi ancora pensieri barcollanti prima di addormentarsi. Non ci stava a sopravvivere nella dolce attesa della morte. Per sé voleva di meglio. Non ci mise molto a realizzare che la vita non mantiene le promesse. Dopo aver addirittura pensato di tornare a lavorare, si mise alla ricerca di un passatempo adatto. Scartò per motivi anagrafici tutte le attività fisiche. Non pensò al golf per ragioni di costo, e perché si crede che questo sport venga praticato da chi ormai non ha più niente da chiedere allo zio Eros.
L’illuminazione arrivò un giorno d’inverno. Passando davanti a un negozio di strumenti musicali, Rino notò una chitarra dalla sagoma sinuosa come il corpo di una bella donna. Il legno luccicante, i ricchi intarsi intorno al rosone, le corde argentee tese sopra il manico in ebano e le meccaniche dorate, lo convinsero che quello strumento fosse li in attesa di un amore. Si fece un regalo.
Intere notti passate ad esercitarsi gli permisero di diventare presto bravo come un vero professionista. Decise di trasferirsi all’estero. Svizzera, poi Francia ed infine Amburgo. Frequentava i locali del quartiere St. Pauli in cerca di un ingaggio. Finalmente una sera un gruppo formato da quattro ragazzi inglesi lo chiamò per sostituire il loro chitarrista che la sera prima aveva esagerato con l’alcol. Il successo fu enorme. Per la dura legge del rock il posto fu suo per sempre. Poi milioni di dischi venduti, tournee e fama.
Rino aveva trovato molto più di quel che sperava per la sua vita da pensionato.
Una notte a New York trovò un momento per sé. Pensò con nostalgia agli amici rimasti in Italia: «Anche loro potrebbero tentare una carriera come la mia, magari in altri campi. Marco, ad esempio, potrebbe prendere il patentino di allenatore e vincere la Champions. Lorenzo cucina molto bene, meglio di tanti cuochi che ormai sono diventati delle stars, perché non provarci? Piero nella pittura è più bravo di Picasso, sono sicuro che i suoi quadri varrebbero milioni”. Decise così di chiamare subito uno ad uno tutti gli amici, ma prima che riuscisse a comporre il numero di Piero, il suo cellulare squillò, svegliandolo.
Era proprio Piero che gli ricordava la consueta partita a biliardo del giovedì sera. Lasciando volare l’immaginazione, Rino aveva finito per addormentarsi. Ora si affaccia alla finestra e vede gli amici che lo aspettano in cortile.
Quel giovedì sera le stecche rimasero nei loro foderi. Decisero che non c’è età per sognare e parlarono di futuro fino al mattino.