Pare una barzelletta Livorno-style: un Pisano che bussa all’uscio fino a sfondarlo e ti fa sentire più morto del morto che avresti preferito far entrare in casa al posto suo. A mente fredda, le imprecazioni per il bottino pieno buttato nella differenziata devono lasciare il posto all’analisi razionale della partita. E anche del momento, visto che aver messo in saccoccia tra le mura amiche il quarto punto sui cinque racimolati in totale, alla vigilia della doppia prova del nove Empoli-Samp (giovedì 24 e lunedì 28), non suona certo come una bestemmia. Quando gli avversari ti riacciuffano al novantasettesimo con un terzino vecchio stampo, vanificando la pennellata di sette minuti prima del Papu Gomez per la testina dorata dei centocinquantanove centimetri di Maxi Moralez, non c’è da prendersela con la Dea bendata ma con il picchetto di guardia di quella in campo, colpevole di non aver arginato il meno stentoreo e il meno fresco tra i difensori del Verona.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, perché l’Atalanta, pur palesando difetti atavici e una tendenza ad arrivare in fondo sulle ginocchia, alla quarta allacciata di scarpe è viva e vegeta. Tre risultati utili consecutivi dopo il ko alla prima, regalando qua e là sprazzi di calcio champagne (la bicicletta di Pinilla al Mapei Stadium, le invenzioni del Frasquito ovunque e i lampi del suo pari stazza, vedi gol del raddoppio col Frosinone) sono tanta roba per chi punta alla salvezza sicura. La media punti supera già l’unità, quindi ci siamo. La mole di gioco e le chances, rispetto all’ultima gestione Colantuono e alla traghettata di Reja ancora in cerca di assetti, sembrano addirittura triplicate. Non così la percentuale di realizzazione, ancorata com’è agli alti e bassi della coppia intercambiabile di centravanti: il mix (sotto forma di palloni cacciati in porta e cartellini davanti agli occhi) di prodezze e bizze di PiniGol ha ceduto il passo al rientro bruttarello del Tanque, all’insegna degli assist attesi invano spalle alla porta e delle inspiegabili scene mute quando si tratta di inquadrarla. Niente: di piede o di testa, il panzer che fu non riesce a cavare il ragno dal buco nemmeno adoperando la clava. E Monachello, francamente, non è ancora un riservista all’altezza. Un minus della squadra – insieme a schieramento e marcature su palla inattiva: il buon Edy Reja potrebbe chiedere consigli all’amicone Gigi Delneri, uno che la sa lunga – che pareggia il piatto della bilancia coi non pochi plus. In primis, l’intesa al bacio tra i funamboli Papu e Maxi, che insieme valgono l’ottanta per cento delle azioni da gol. I due sono l’antitesi vivente alla staticità e si scambiano spesso il versante e i compiti: quando uno si allarga e crossa, l’altro taglia in area per provare a ferire o ad accendere comunque l’accecatore da palcoscenico in faccia ai difensori nemici. E il centrocampo, il mach contro l’Hellas l’ha confermato in maniera incontrovertibile, può fare a meno di mostri sacri come Carmona o Cigarini, l’uno confinato in panca e l’altro appena all’esordio in uno scampolo di gara improduttivo. Grassi è ormai una realtà, per quanto incostante, per non parlare di un de Roon efficacissimo e del corsaiolo Kurtic dal fisico di granatiere. Tutte certezze.
La chiave tattica imposta dal Vecio, insomma, al di là dei nomi è ormai oliata a sufficienza per girare nella toppa della porta di una permanenza in A che si annuncia meno tribolata della precedente. Se nel tempio nerazzurro di San Siro la squadra aveva dimostrato che le barricate possono reggere a patto di rimanere in undici (vero, Carlitos?), nei match successivi a mancare all’appello sono stati soprattutto cinismo e cattiveria. E magari un quid di concentrazione, perché raggiungere l’equilibrio fra tenuta fisica e trebisonda quando la contesa s’infiamma è materia da psicologi fini. E qui Reja, pragmatico dal tratto umano, dovrà scavare a fondo. Tra Jovetic lasciato libero sulla rimessa laterale e un Pisano che sbuca indisturbato nel pacchetto di mischia su calcio da fermo, passando per il doppio giallo by Carmona-Pinilla (della serie, ingenuità & mattane) e il rigore cannato contro il Sassuolo dall’eroe della domenica dopo, c’è parecchia carne al fuoco. Ma c’è da stare tranquilli, perché il nostro è abituato a sbranare con voluttà anche quella degli orsi.
Simone Fornoni