di Marco Bonfanti
Sentire una tifoseria, pur avversaria che sia, intonare nel bel mezzo della partita “bella ciao”, beh insomma, t’alza e ti solleva il cuore. E sì, perché “bella ciao”, nonostante l’età e qualche ruga qui e là, resta un forte segno di identità e di distinzione e in questo mare piatto, eterno e senza rivali, della politica attuale, ci vuole proprio, almeno ogni tanto, come salvifica pasticca.  Il coro lo intonano i pochi ma ben agguerriti, strutturati e vocianti, tifosi della Virtus Vecomp di Verona, perché penso faccia parte del loro repertorio, certo un po’ datato, ma sempre , diciamo così, benvenuto. I tifosi sono a Lecco, nella partita che oppone la loro squadra a quella lariana. La canzone ci convince, perché qualche dubbio l’avevamo, a dedicare alla squadra veronese il nostro figurone, che s’appunta, come una medaglia, al loro calciatore straniero dal nome altisonante: Oliveira Goncalvo Dimas. Prima di tutto gli diamo il figurone per il nome e la provenienza: il calciatore in questione è infatti di origini brasiliane. Ora, è vero che la brasilianità non rappresenta più un marchio di fabbrica di assoluta eccellenza, poiché ci sono in giro anche tanti tipi carioca un po’ taroccati e un altro po’ fasulli. Però è pur sempre, il Brasile, la culla del calcio che sa di inventiva e fantasia e per quanto si siano estesi i soggetti che giocano a pallone, facciamo che l’immaginazione sferica gli sia rimasta. E’ vero che guardando i campionati stranieri o le squadre che giocano in Coppa, ti viene facile da dire: “ma quanti cavolo sono ‘sti brasiliani che giocano a calcio…”, ma un brasiliano in serie D è pur sempre merce più unica che rara. In quanto tale non può non essere rimarcata. E questo è il primo punto.

Il secondo che ce lo fa preferire è invece la strepitosa carriera calcistica di Oliveira Goncalvo Dimas. Per parlare di lui mi sono infatti documentato. Egli ha trent’anni e quindi è già da un bel po’ che gioca a calcio. Bene, guardo i suoi precedenti calcistici e non penali, e mi salta all’occhio che il brasiliano è stato, per lungo tempo, di proprietà del Chievo Verona, quindi di una società illustre e ben stanziata in serie A.  Ma il bello viene dopo di questa scoperta. L’Oliveira è stato sì del Chievo Verona, ma, non solo in questa squadra non ha mai giocato, non vi ha mai neppure soggiornato. Infatti la Sambonifacese lo vende al Chievo il primo luglio del 2009 e la squadra scaligera lo dà al Monza il primo agosto. Torna a Verona il 31 dicembre sempre 2009, ma il primo febbraio è già di nuovo via. La più bella è l’ultima: il Chievo se lo riprende il 30 giugno 2010 e il primo luglio, il giorno dopo, è di nuovo venduto al Montichiari. Insomma, pur essendo di proprietà di una squadra di serie A, gioca tutto il suo tempo in squadre minori di C1 e C2, ma viene prestato con una tale celerità che mi appare come il cerino acceso che la società di appartenenza si guarda bene dal tenere fra le mani. Forse non è mai stato pronto al grande salto, si sperava in lui, lo si teneva lì in quarantena, ma poi, al momento opportuno, lo si salutava in grande fretta. Fiore bello, forse, l’Oliveira, ma mai sbocciato, attore di provincia cui è mancata la prima nel grande teatro, tenorello non degno della Scala, pur con voce possente. E ‘sto Dimas l’abbiamo visto ieri. E così abbiamo trovato un terzo motivo per amarlo.

A me, ma pure a Beppe, il nostro brasiliano non è apparso in perfetta forma fisica, diciamo un po’ sovrappeso, non con quel bel fisico asciutto che ha, o dovrebbe avere, un calciatore. Sembrava, senza offesa, il gattone di casa, cui non manca il ricordo di un’aggressiva felinità, ma al quale, tra crocchette servite e placidi sonnellini, le armi si sono spuntate. Cioè la classe c’è e non si discute, in lui, non nel gatto, ma quello che manca è lo scatto bruciante, tanto ispirato l’ho visto, ma poco propenso a macinar fatica, che poi faceva anche caldo. Come possiamo non amare un calciatore così, noi che siamo perennemente fuori forma, tanto da non ricordarci manco più quando e se in forma lo siamo mai stati? Ora poi, che siamo pensionati, con una mente che pare ancora funzionare, ma un fisico che risponde pigro. Oliveira Goncalvo Dimas ci somiglia, ha i suoi tratti di nobiltà, non sempre li agisce, almeno non di fretta. Si porta dietro con fierezza la sua diversità, come noi, con tanti rimpianti e nessun rimorso, mentre sentiamo “oh bella ciao”.