Poco da dire: il tour è dominato da un uomo solo al comando: Froome. Non c’è gara, non c’è competizione, il Keniano bianco è talmente forte che quando parte lascia gli avversari indietro esterrefatti, boccheggianti, battuti. Va forte in salita, va forte a cronometro cosa assai poco usuale per un corridore, perché, da che storia è storia, se uno è forte su un terreno (la salita) fatica nell’altro (il cronometro) e viceversa. Tutto chiaro quindi e allora cosa c’è mai da decifrare?
Da decifrare c’è se la classe e la potenza di Froome sono tutte farina del suo sacco. Detto in parole povere: Froome è pulito o dopato?
Ci sono stati innumerevoli controlli tutti negativi ma anche Armstrong ne subì quattrocento in carriera e non venne mai fuori niente.
Il doping aumenta le prestazioni del 20%, il team SKY afferma che ha colmato questo vuoto, questo handicap attraverso una serie di misure non dopanti.
Si va dalla preparazione in altura (che spinge su l’ematocrito in modo naturale), alla computerizzazione della prestazione, al peso della bicicletta, alla misura speciale delle gomme. Tutte questi interventi aiuterebbero le prestazioni senza bisogno di ricorrere ad aiuti chimici.
Crederci, non crederci?
Molti appassionati, ormai scottati dai troppi beccati con la mano nella marmellata, dicono che è solo una questione di tempo; prima o poi si saprà che neppure il dominatore del tour è pulito.
Noi qui sospendiamo il giudizio.
Ma sul doping due cose le vogliamo dire.
La prima è che fino a poco tempo fa, i protagonisti, rimanevano tali per anni.
Ora eliminati presto, dalle fondate accuse, cambiano quasi ogni anno. Lo sguardo diventa così più critico, basta amori, solo innamoramenti brevi.
La seconda è un pensiero maligno. Succede spesso che chi è beccato per doping sia squalificato per un certo lasso di tempo; poi torna a correre e le prestazioni sono quelle di una volta. Se fosse pulito sarebbe la dimostrazione che il doping non serve a niente, più facile pensare che continui con le stesse pratiche.
Possibile che ci accorgiamo solo noi, che questo maligno pensiero attraversi solo la nostra mente e non quella che lo sport canta, descrive o dirige.
Marco Bonfanti