di Evro Carosi
Le Dome, un tempo tra i locali preferiti da artisti e scrittori bohémien, è una bella brasserie su Boulevard de Montparnasse che conserva ancora oggi intatto il suo antico fascino. Qui, in una giornata di primavera, erano venuti a pranzo Massimo e Sara. I due stavano conversando come due amici che hanno tanto da dirsi, quando da un tavolo vicino a loro, un anziano signore, più distinto nel fare che nel vestire, li interruppe: “Siete italiani?”. “Si, ma io abito qui”: rispose Massimo. Quindi il signore prese a raccontare: “Io sposai una francese… L’amore vero però lo avevo lasciato in Italia…  Com’era bella lei! Se almeno avessi provato a baciarla…  Al massimo mi sarei preso una sberla”. “Ok, lasciamo perdere”: tirò corto il vecchio. Con un po’ di fatica, si alzò e salutandoli con un gesto della mano aggiunse: “Voi invece… Vedo che siete una bella coppia!”. Usciti dalla brasserie, la “bella coppia” si diresse a piedi verso i Jardin du Luxembourg, dove Massimo si fermò di scatto, tirò la ragazza a sé, dicendole: “Dopo, al massimo, mi darai una sberla” e la baciò. Sara era una donna dai lineamenti tanto perfetti e squisitamente femminili insieme, da incutere timore. Massimo, prima di doversi trasferire a Parigi, era stato suo amico del cuore. Il loro era un rapporto fatto di complicità e intime confessioni. Su di loro soffiava sempre quell’aria maliziosa che accarezza chi si sta innamorando; ma nessuno dei due riuscì mai, prima di quel bacio, a compiere il primo passo.
Con la lettera che le fece recapitare dal fratello, Massimo, sapendola in difficoltà, aveva invitato Sara a passare qualche giorno a Parigi. Anni prima, per quell’istinto animale che porta molte donne a sentirsi prima di tutto madri e perciò ad anteporre la sicurezza della futura prole al sentimento, Sara sposò Claudio. Figlio di un ricco negoziante di Parma, una volta preso possesso del negozio del padre, Claudio non ci mise molto a mandarlo in fallimento. La sua pigrizia e la sua passione per il gioco, lo spinsero presto nella miseria. Per poter onorare i forti debiti contratti dal marito, Sara svolgeva lavori umili e, a volte, era costretta a prostituirsi. Quando Claudio si presentò alla porta dell’appartamento nei Marais, i “due amici” stavano cenando e per nulla sorpresi, lo fecero entrare. Claudio subito indirizzò verso Sara una serie di domande più per intimorirla che per avere delle risposte. Massimo, silenzioso, pensava al da farsi, fino a quando Claudio alzando la voce intimò alla moglie di tornare immediatamente a Parma.
L’amore fornisce all’uomo quel coraggio morale che spesso gli manca in altre occasioni e così Massimo, prima che Sara potesse replicare, rispose al posto suo con decisione: “Sì, lei torna a Parma ma per vivere con me”. Nell’udire quelle parole il volto di Sara si illuminò, aveva sentito la più bella delle dichiarazioni d’amore, ancor più bella di tutte quelle che aveva sognato di ricevere quando anni prima studiava l’atteggiamento da tenere in casi simili provando la parte davanti allo specchio. Se Massimo l’avesse semplicemente salvata dalla vita squallida di prima non le sarebbe bastato, era il suo amore che voleva. Claudio giocò allora la carta del disperato e per la prima volta si rivolse a Massimo: “Non sai chi ti porti in casa! Farai ridere tutta Parma!”, poi fece per farfugliare ancora qualcosa, ma si ritrovò fuori dalla porta quasi senza accorgersene. Il racconto finirebbe qui, ma per quelli che amano immaginare un seguito dopo la parola “fine”, dirò che oggi Massimo e Sara vivono a Parma felicemente innamorati, hanno avuto una figlia che hanno chiamato Martina, come il santo che dà il nome a quel canale, il canal Saint Martin, lungo il quale Massimo passeggiava con nel cuore un amore lontano.
Martina ora ha sedici anni e una mamma che cerca di insegnarle come non finire con l’uomo sbagliato, ma, soprattutto, a non aver paura di dire “ti amo” quando sentirà di amare davvero. E che fine ha fatto Claudio? Avrei potuto inventarmi che si uccise buttandosi nella Senna, oppure schiacciato sotto il metrò, ma non valeva la pena perder tempo con lui, neppure per trovargli la fine che avrebbe meritato.