Sono stato un elettore di “Infelice” Belloli. Il passato prossimo è d’obbligo perché l’ex presidente del Comitato Regionale Lombardo è, ormai, ex anche della Lega Dilettanti.  Mi pento e mi dolgo anche se ho atteso qualche giorno prima di cospargermi il capo di cenere.  Purtroppo “le quattro lesbiche” non sono una bufala né tantomeno un’invenzione giornalista. E’ la frase, linda e chiara, pronunciata da Belloli e messa a verbale dopo una riunione del Consiglio.  Grave ed inammissibile.  Purtroppo non mi meraviglio granché perché l’ex presidente è sempre stato, nel linguaggio e nei modi di espressioni, naif e spontaneamente cafone. Tant’è che, qualche anno fa, dopo un’assemblea delle società bergamasche alla Casa del Giovane mi sono avvicinato a Beppe Baretti, a quei tempi vice di Belloli, e scherzando ma mica tanto, gli ho detto che sarei stato disponibile per scrivere i discorsi al presidente.  Ed infatti quando è stato eletto alla massima carica della LND ho temuto che finisse in qualche ginepraio per questo suo modo di esprimersi. Anche se non bisogna disconoscere le sue doti organizzative e dirigenziali. Ma che devono andare pari passo con cultura e savoir faire
Eppure Belloli non è il solo a parlare in quel modo e a considerare che, veramente, il calcio femminile sia popolato di lesbiche o di femmine inferiori al maschio.  Lo pensa la maggior parte dei dirigenti del nostro calcio, ovviamente anche bergamasco, dove regna il maschilismo becero, da “ragiunat” brianzolo ma anche prealpino-orobico. Insomma veteroleghista . Sì, proprio così perché il modo di esprimersi è quello alla Salvini, sicuro e convinto che dire volgarità sia giusto e vero, sbeffeggiando l’avversario o chi ha idee diverse.  Ed infatti è la “cultura” popolana, pregna di differenze e di diffidenze di genere, che sublima ancora il maschio se non a padrone perlomeno a garante di una superiorità morta e sepolta da tempo ma che nel nostro calcio esiste ancora. E infatti non è un caso che il calcio femminile in Italia sia poca cosa (come in Russia e ovviamente nei paesi di religione islamica) rispetto a Stati Uniti, Brasile, Germania  e Paesi Scandinavi.  Ma è tutto il calcio nostrano che deve interrogarsi profondamente perché  esprime una classe dirigente modesta  e retrograda ben rappresentata da questi tre lombardi al potere: il comasco Tavecchio, il cremasco Macalli, il milanese Belloli. E’ inutile darla addosso al latinista romano Lotito ed ai suoi variopinti compagni …
Giacomo Mayer