L’orgoglio rossoblù è tutto nel condottiero che guarda sorridendo i suoi ragazzi. Bravi a vincere a ripetizione la domenica e capaci di divertirsi sudando martedì, mercoledì e venerdì sul sintetico di via Isonzo. Già che c’è, un’occhiata alla classifica: «Giriamo davanti a tutti a 33 punti. Ci davano in terza fascia, scrivevano che non avevamo punte, eppure ci è capitato di giocare con Maffioletti, Zanga, Malanchini e Breviario. Un 4-2-3-1 che assomiglia a un 4-2-4: in quanti lo fanno nella categoria?». Il figlio d’arte Pietro Parati, che ha ereditato da Daniele Albini la panchina di Promozione di una Stezzanese sprezzante dei pronostici negativi, spiega i segreti del primato: «Abbiamo un bel gruppo di giovani che sanno giocare e fare squadra. Imparando anche dai loro errori – sottolinea il mister -. Alla prima in casa del Lemine abbiamo perso 4-2 subendo tre gol in otto minuti, alla quinta a San Paolo d’Argon eravamo sul 3-1 a un quarto d’ora dalla fine e abbiamo perso 5-3. Ma siamo gli stessi che hanno infilato sei vittorie consecutive in casa e cinque di fila dall’ottava alla dodicesima ottenendone dieci su quindici partite. E che sono in testa dalla decima dopo il 2-1 in rimonta col Brembate Sopra in 9 contro 10». E pazienza se lo spogliatoio è un porto di mare: «Mazzola, uno dei nuovi con Berera e Maffioletti, s’è dovuto operare ai legamenti. Morelli, scuola Atalanta, è con noi dalla trasferta di Covo e non sbaglia un colpo, domenica scorsa con la Pradalunghese ha messo la palla in mezzo per il colpo di testa del 2-2 in rimonta di Breviario. Il primo è stato su traversone di Malanchini, il nostro bomber con 9 gol, che adesso starà sei mesi in Spagna (è laureato in agronomia, NdR). Pazienza, abbiamo Piantoni, Daleffe e gli Juniores da cui pescare. C’è il recupero di Houndezinme in difesa e Panseri davanti». Una parola per descrivere il magic moment? «Favola. In paese siamo sulla bocca di tutti, ma anche altrove. Siamo già salvi, il vivaio ci segue, quel che abbiamo fatto finora non può portarcelo via nessuno».

Parola al diesse Airoldi – «La cifra di un’annata magica? Lo spareggio dei Giovanissimi fascia B vinto per l’accesso alla fase regionale. Perché l’avversario era la Grumellese, la nostra bestia nera di sempre. Ma mica siamo superstiziosi…». Sergio Airoldi, diesse della Stezzanese, finge di buttarla sullo scaramantico. Il ricordo dell’8-7 ai rigori (2-2 ai regolamentari) di mercoledì 14 dicembre nella foschia della Celadina è ancora troppo vivido. Così come quelli legati all’esperienza in panchina: «Sono qui da ventun anni, i miei Allievi sono stati i primi a disputare un campionato lombardo. Avevo promesso a mia moglie che se avessi vinto il Trofeo Cassera non avrei più allenato. Detto, fatto: era il 2006. Poi un giorno il presidente Gianpaolo D’Adda mi telefonò chiedendomi: “Parlo col nuovo direttore sportivo della Stezzanese”? Ho una fiducia cieca negli uomini che rappresentano questo club: nel passato ci si identificava in Pino Parati e Roberto Teani, oggi in lui e in Rino Nozza. Potevo esitare?». Detto, fatto. Anche dietro la scrivania. Precisamente dalla stagione 2007/2008: «Quando guidavo gli Allievi non me ne stavo con le mani in mano, relazionavo i mister della prima squadra circa gli avversari. E ho sempre avuto la fissa dell’organico a costo zero, fatto in casa, con pochissimi innesti e possibilmente non di veterani: i risultati attuali sono il successo di questa politica». I rossoblù di Pietro Parati girano in vetta alla pausa nel girone C della Promozione, e chi se l’aspettava? «I giornali no di certo, visto che in estate in sede di pronostici scrivevano di salvezza impossibile o giù di lì – chiosa Airoldi -. Il nostro campionato vale da solo una rettifica: abbiamo compiuto scelte ponderate, con criterio, omogeneizzando lo spogliatoio. Tranne il portiere (Uriel Salvi, ’89, NdR) sono tutti figli degli Anni Novanta: tra coetanei o quasi si fa più gruppo, vige il mutuo soccorso in campo e fuori».

Focus su un grande vivaio – «La Stezzanese è una famiglia e sono lieto di esserne il responsabile del settore giovanile da tre stagioni». Matteo Beretta, classe 1978, monzese trapiantato a Cavernago per matrimonio, ha vestito in carriera ben sedici maglie, tra cui quelle di Monza e Pro Sesto nonché dell’AlbinoLeffe, di cui è stato capocannoniere nel 2001/2002 in C1 (15 reti) vincendo la Coppa Italia di serie C con Elio Gustinetti e Roberto Bonazzi come partner offensivo. Appese le scarpe al chiodo ad Asti, ecco un’avventura ricca di soddisfazioni: «Far parte di questa società è un onore, vale lo stesso per chi ci gioca e allena – spiega Beretta, a capo di una struttura che comprende otto squadre -. Si lavora bene, in base alla filosofia del ricambio generazionale: il vivaio è il serbatoio della prima squadra. Se devo ringraziare qualcuno in particolare, penso al presidente Gianpaolo D’Adda, al direttore sportivo Sergio Airoldi e a Giovanni Mascaro, che si occupa degli Esordienti e nello scouting ha pochi rivali». Circa i risultati, l’ex bluceleste è netto: «Contano di più il percorso di crescita e il mantenimento delle categorie. I riscontri sono buoni, vedi gli Allievi fascia B di Ruben Agazzi che hanno vinto il provinciale e affronteranno la fase regionale, gli Juniores regionali di Marco Pesenti che lottano sempre per il primato e gli Allievi regionali di Luca Mascaro. I Giovanissimi regionali di Giuseppe Mascheretti sono a metà del guado e devono esprimere ancora tutto il loro potenziale; i Fascia B di Nicola Zarrella hanno vinto lo spareggio con la Grumellese qualificandosi al regionale come secondi dietro il Sarnico». Sugli Eso, poche e sentite parole: «Sono ragazzi che vanno dai 2004 di Dimitri Mazzola ai 2006 Csi di Michele D’Agostina passando per i 2005 di Gianluigi Distinti – chiude il boss del vivaio -. Giocano, fanno amicizia, si divertono, imparano il fair play. Vanno lasciati crescere e guidati, siamo qui per questo».

A cura di Simone Fornoni