di Marco Bonfanti
Quali sono i colori di una giornata uggiosa, si chiedeva Lucio Battisti anni fa che, adesso che  da leggero il passo si è fatto pesante, sembrano giorni. E domenica la giornata uggiosa lo era veramente. Ha cominciato la notte, in cui suonavano i tuoni e dardeggiavano i lampi, giusto  per dare un senso immaginifico a quel che succedeva. Poi la mattina scendeva una pioggia fitta ed insistente, stroncatura di giorni precedenti caldi e soleggiati.  Invece pioggia e freddo da ritorno indietro di mesi. E noi siamo partiti così, che poi il tempo sembrava rimettersi e poi si guastava ancora, e non c’erano che vaghe speranze di un rimedio di sole.

E allora eccoci ai colori della giornata uggiosa, anche ultima trasferta del lungo viaggio nella serie D. Per il Lecco, iniziamo dalla partita come si conviene a chi dovrebbe parlar di calcio, il colore è quello della vittoria. Una vittoria netta, pur se conquistata nell’ultimo scorcio utile della partita. Ma anche una bella vittoria di carattere per una squadra che, per l’espulsione di Bugno, era rimasta in dieci nell’ultima mezz’ora. Che dire di più? La partita è stata veramente piacevole e costellata da cinque gol, che, almeno a nostro parere, sono ancora il sale del contendere pallonaro e quando mancano, anche a giocar bene, rendono assai spesso dominante la noia. Il Lecco, nel corso della partita, sbaglia anche un rigore, detto questo per dimostrare che vince con pieno merito.  E allora qui ci mettiamo il secondo colore della giornata uggiosa: quello del rammarico. Il Lecco finisce il torneo a metà classifica e domenica incontrava la seconda, l’Inveruno.  Non parliamo dei meriti del Lecco, assi altalenanti nel corso dei mesi. Pariamo di tutte le altre squadre del girone. Ebbene fra tutte non ne abbiamo ammirata una  che veramente per gioco, per acume tattico, per tempra dei giocatori si ergesse veramente al di sopra delle altre. Il rammarico nasce da lì. Poteva essere l’anno buono per salire  perché nel torneo non v’era nessuna squadra altamente dominante. Ci siamo invece fermati a metà classifica. Non facile a questo punto discernere tutte le cause del mancato volo.  Di certo, su tutto ha pesato una società ballerina, incerta nella proprietà, con programmi ondivaghi, poco curati, poco lungimiranti. Ed è arrivato il nuovo padrone, il quale, come atto iniziale, ha promesso di tagliare pesantemente la rosa, composta da giocatori troppo avidi di prebende malmeritate. Così domenica i tifosi ultras l’hanno, il nuovo proprietario, mandato a quel paese, ma in peggio come posto. I giocatori, di contro, ad ogni gol segnato sono corsi sotto la curva ad esultare, dimostrandosi così, non so con quanta intelligenza, molto più legati al tifo che al padrone.   Sarà così interessante vedere l’evoluzione della situazione, che, sul futuro ormai qui a venire, non promette niente di buono.

Noi, i quattro viaggiatori viaggianti, domenica abbiamo gustato la partita. Ma il colore, o meglio il sapore, più pieno della giornata uggiosa l’abbiamo trovato da un’altra parte, che non di solo calcio vive la trasferta. Abbiamo mangiato assai bene  all’Osteria San Martino, salvo un piccolo incidente finale che, nel nostro acuto divertimento, val la pena di raccontare. Prima di partire io, che faccio da anima conoscitrice del posto e, soprattutto del ristoro, leggo su internet fresche notizie su Inveruno.  E trovo che, fra i piatti tipici,vi è la “resumada”, cioè lo zabaione  in dialetto. Così, quasi alla fine del pranzo, ci vengono presentati i dolci, ma la resumada non c’è. Subito gli altri, perché io saggiamente mi defilo, ne chiedono spiegazioni al cameriere  che, peraltro, manco conosce il termine.  Spiegato che si parla di zabaione, ce li fa preparare, ma ahimè, una volta serviti, non sono quelli che tradizione comanda. Non sono infatti caldi, come si dovrebbe, e manca il marsala, ingrediente indispensabile. Ne nasce un siparietto da vedere. Il cameriere , che cerca il marsala, ma non c’è.  I nostri che ribattono che così non va. Io, che per stemperare, racconto l’origine dello zabaione, che pare, da quel che ne so, inventato da un frate cui si erano rivolte mogli insoddisfatte da mariti un po’ flosci nel talamo nuziale. Insomma altro che Viagra, vai con lo zabaione. E dopo tutto questo, uscendo mi aspetto un conto salato per le nostre intemperanze. Ma, fortunatamente, resta normale.  E noi si va allo stadio, nel solito, un po’ confusionale stato.  Ma stavolta ben rinvigoriti.  Effetti straordinari dello zabaione. Anzi, resumada, per stare nel locale.