’è stata un’estate di cambiamento a Zingonia: Gian Piero Gasperini ha lasciato il testimone e l’Atalanta ha scelto Ivan Jurić, con un passaggio di filosofia importante. Pur restando nel solco dell’intensità e della verticalità, i dettagli del sistema e delle richieste agli attaccanti cambiano. In questo quadro, l’inizio di stagione di Charles De Ketelaere è stato sotto le attese: meno incisivo negli ultimi metri, qualche acciacco muscolare e una squadra che, nelle ultime uscite, ha costruito tanto ma concretizzato poco.
Un contesto nuovo (e più complicato)
La cornice generale conta. L’Atalanta 2025/26 è impegnata su tre fronti — Serie A, Coppa Italia e Champions League — con un calendario fitto e gare spesso decise dai dettagli.
Proprio parlando di competizioni e di letture esterne del rendimento (media, modelli statistici, mercati informativi e analitici), è inevitabile che l’eco delle scommesse calcio sul web finisca per misurare le aspettative attorno alla Dea, pur senza che questo abbia alcun ruolo nelle scelte del campo. Sul piano dei risultati, Jurić ha rimarcato come alla squadra, nelle ultime partite, sia mancata soprattutto la precisione sotto porta a fronte di molte occasioni prodotte.
I problemi del belga: tra ruolo, condizione e chimica offensiva
Collocazione tattica: con Jurić si sono visti 3-4-2-1 e 3-4-1-2. In entrambi i casi, il “10” o una delle due mezze punte deve muoversi aggressivo tra le linee, correre in profondità senza palla e andare forte in riaggressione. De Ketelaere, che per natura ama ricevere al piede e rifinire, sta faticando a tradurre la propria eleganza in frequenza di attacchi all’area. L’Atalanta ha perso in estate un riferimento da tanti gol e il reparto si è riassestato tra rientri gestiti e nuove gerarchie: CDK ha dovuto alternarsi fra seconda punta e trequartista alle spalle del 9. L’“effetto vuoto” del centravanti di riferimento ha spostato responsabilità e linee di passaggio, rendendo più prevedibile la rifinitura centrale se non c’è aggressione degli spazi.
Condizione fisica: a metà settembre, in una notte storta di Champions, CDK è stato costretto al cambio per un problema muscolare. Gli accertamenti non hanno evidenziato lesioni importanti ma hanno suggerito prudenza: un risentimento che ha imposto qualche giorno di gestione “day by day”. Una piccola sosta che ha interrotto continuità e ritmo, proprio mentre Jurić stava consolidando automatismi nei corridoi interni.
Produzione offensiva della squadra: le parole del tecnico dopo gli ultimi pareggi (anche in Europa) fotografano una Dea che arriva spesso al tiro ma si “inceppa” nell’ultimo gesto. In queste fasi, per un profilo come De Ketelaere — che vive di fiducia, sensibilità tecnica e timing — l’assenza del gol può diventare cappa psicologica: movimenti meno istintivi, un tocco in più, mezzo secondo di ritardo nel calciare. Quando la squadra crea ma non segna, chi gioca tra le linee rischia di pagare il conto più alto in termini di percezione esterna e autostima.
Pressione e aspettative: dopo una stagione brillante nella gestione precedente e una primavera in cui era tornato decisivo, l’asticella si è alzata. Nuovo allenatore, nuovo contesto, stadio e tifoseria che oggi chiedono leadership tecnica. L’alchimia con i compagni d’attacco (Lookman, Krstović e il rientro graduale di Scamacca) ha bisogno di partite “buone” giocate insieme, non soltanto di allenamenti. La costruzione di intese non è mai immediata quando cambiano principi e minutaggi.
Come può rimettersi in carreggiata
Attaccare di più l’area: la versione più pericolosa di De Ketelaere è quella che occupa con decisione il secondo palo o il corridoio centrale sull’ultimo passaggio. Nel 3-4-2-1 significa smarcamenti “ciechi” alle spalle del braccetto avversario e tagli interni quando l’esterno atalantino va al cross. Sono movimenti che Jurić richiede spesso a chi gioca sotto la punta. Lavorare su queste tracce può portare due o tre tiri in più ogni 90’, trasformando una partita “da fino” in una gara determinante.
Semplificare le scelte negli ultimi 20 metri: ridurre il tempo tra controllo e tiro/cross, cercare con più cattiveria il primo palo, alternare il destro “a incrociare” al piatto secco sul primo palo per non dare letture facili ai portieri. Quando l’inerzia non è favorevole, l’essenzialità è la strada più breve per riaccendere la fiducia.
Ritrovare continuità fisica: dopo il risentimento di settembre, la priorità è evitare ricadute: carichi graduali, minutaggio crescente e gestione delle tre gare in una settimana. La brillantezza per un giocatore tecnico non è solo velocità pura, ma ripetibilità del gesto: saltare l’uomo, cambiare direzione, calciare in equilibrio in spazi stretti. Per tornare a farlo con naturalezza servono settimane di lavoro completo e una programmazione che alterni picchi e scarichi con criterio.
Cercare nuove sinergie: con Lookman tende a funzionare l’alternanza corto-lungo e il triangolo con l’esterno di parte; con Scamacca (quando al 100%) vale il principio della “seconda palla” sulla sponda del 9 per entrare a rimorchio; con Krstović è utile attaccare il cross sul lato debole, perché il montenegrino spesso occupa il primo palo. Tradotto: meno sovrapposizioni nello stesso corridoio, più complementarità. In allenamento questo si costruisce con esercitazioni sui tempi di smarcamento e sulle distanze tra i due sotto-punta e la mezzala del lato palla.
Accendere la Champions come leva mentale: le notti europee possono sbloccare i giocatori tecnici: ritmo alto, spazi più aperti, possibilità di attaccare transizioni lunghe. L’Atalanta è nella nuova fase a girone unico e, nonostante qualche pareggio amaro, continua a creare. Un gol “pesante” in Europa cambia narrativa e autostima, con riflessi immediati sul campionato. È una dinamica ricorrente: il contesto internazionale offre occasioni in cui la qualità individuale può emergere all’improvviso, anche in partite non perfette.
L’orizzonte a breve
Calendario compresso, gare ravvicinate, rosa che recupera pedine. Lo stesso Jurić ha sottolineato come non serva “inventarsi” altro: i principi stanno funzionando, manca lo strappo finale. Per De Ketelaere il punto è proprio qui: trasformare una buona partecipazione alla manovra in numeri concreti. Il talento non è in discussione; va riagganciata la versione più coraggiosa e verticale del suo gioco, quella vista a lampi nella scorsa stagione. Lavorare sull’aggressività senza palla, scegliere linee di corsa più profonde e cercare la porta con decisione sono i tre interruttori che possono rovesciare l’inerzia. Se il fisico lo assiste e la squadra ritrova cinismo, l’inversione di tendenza è a portata di mano.
In definitiva, l’avvio sottotono di De Ketelaere non è la fotografia definitiva del suo valore ma un frame di una fase transitoria: nuovo allenatore, nuovi equilibri, micro-infortunio e un reparto offensivo ancora in cerca della miglior versione. La storia recente insegna che quando il talento incontra la chiarezza delle richieste e la ripetizione dei minuti, la resa cresce in fretta. Per l’Atalanta, e per il suo numero 17, il tempo di riaccendere la luce non è ancora scaduto, come ha dimostrato anche la buonissima prestazione in Champions contro lo Slavia Praga.


sabato 1 Novembre 2025
