di Paolo Plebani*
Domenica senza calcio non è Domenica.
Almeno per quelli della mia generazione cresciuti col mito di novantesimo minuto alle 18.10, ora in cui il conduttore Paolo Valenti dava il via al valzer dei collegamenti dai campi con i vari inviati a commentare le azioni principali delle partite appena concluse.
Due stranieri per squadra, che ricordo bene anche grazie all’album delle figurine Panini, puntualmente collezionate e scambiate.
Barbadillo, Dirceu, Kieft, Berggren, Pedrinho e Louvanor, Evair e cicciobello Valenciano, Zavarov, Renato Portaluppi e Andrade, Skoro, Briegel, Dezotti, Gutierrez e Ruben Sosa…
Ancora oggi, dopo più di vent’anni, non riesco a dimenticare quella macchietta di Franco Strippoli col suo riporto che nei giorni di bonaccia impallava la telecamera.
Ora e’ tutto diverso: ci sono le paytv come Sky e Premium, oppure canali minori come Cielo che, nell’epoca della battaglia dei diritti televisivi, inspiegabilmente riesce a mostrare i gol mentre l’arbitro sta ancora valutando quanti minuti di recupero concedere.
Servizio completo certo, allo stesso tempo però manca quella magia che c’era allora.
Ho vissuto quell’attesa in un primo tempo insieme a mio padre, che mi ha trasmesso la passione per il calcio senza essere tifoso di nessuna squadra in particolare, cosa che ho ereditato e che mi aiuta a vedere le partite con imparzialità. Qualche anno dopo ad aspettare con me erano i miei compagni di squadra dei primi periodi in cui giocavo e con i quali andavo al bar del paese per godermi la carrellata dei gol sbevazzando un paio di medie (rigorosamente doppio malto) da buon atleta del mondo dilettante. Se mancavi l’appuntamento con Tonino Carino e soci avevi sempre la domenica sportiva in prima serata!
I più fortunati avevano Telepiù, con Marianella e Tecca che quando li sentivi in telecronaca sembravano alieni perché il miglior commentatore Rai a quei due poteva ambire al massimo a pulirgli le scarpe…
Adesso i gol non li guardo quasi mai, perché adoro ascoltare i miei figli che mi raccontano come hanno trascorso la loro giornata, ci passerei delle ore e vorrei che lo sguardo che hanno mentre mi parlano lo mantenessero sempre, soprattutto quando sarò anziano e i ritmi frenetici della vita li porteranno a dedicarmi sempre meno tempo. Quello sguardo è carico di stima nei miei confronti e mi rende fiero di essere genitore.
Il calcio ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita poiché sono stato giocatore, seppur mediocre, allenatore di settore giovanile ed infine dirigente, ruolo che ricopro tuttora. Quindi trascorrere una Domenica senza la partita (della mia squadra si intende) è una vera sofferenza. Mi e’ capitato la scorsa settimana perché ero ad un battesimo.
Ma i bambini non si possono battezzare di lunedì o di giovedì, giorni di riposo dall’allenamento settimanale?
Magari questo Papa che è tanto diverso da chi lo ha preceduto accoglie anche una proposta di questo genere senza tante storie.
Il problema vero è che quando sono invitato a cerimonie che mi impediscono di seguire la squadra il risultato è sempre negativo. Lo scorso anno 5 pere fuori casa e domenica 3 in casa.
L’eccezione sono i miei figli, infatti Giulia ha ricevuto il Sacramento in questione nel giorno in cui l’Italia di Lippi ha vinto la Coppa del Mondo in Germania, mentre Andrea, il mio secondo figlio, nel giorno in cui battemmo il Brusa umano del periodo pre Fogaroli.
La soluzione c’e’.
Potrei sempre convincere mia moglie a concepire un terzo figlio.
Temo sia più probabile che Sky assuma Civoli e Bizzotto.
*direttore sportivo del Villongo

NELLA FOTO: Andrea, Paolo e Giulia Plebani