di Matteo Bonfanti
Ieri sera guardavo Ballarò e mi sentivo un privilegiato. C’erano Cicchitto e Sallusti che litigavano, due donne del Pd che parlavano e s’incartavano, Mieli e un paio di economisti che menavano una rogna bestiale sul futuro dell’Italia. Steso sul divano, li guardavo come fosse una soap opera, magari Beautiful. Lo vedevo da bambino, obbligato da mia sorella Chiara. Lei faceva il tifo per la sfortunata coppia formata da Ridge e Brooke, io, invece, simpatizzavo per Stephany che era brutta, vecchia e cattiva e nessuno le voleva bene. Ci pensavo io che già allora avevo una certa predilezione per casi umani e creature sfortunate di ogni genere, su tutti il mio gatto Tommy, tornato privo di un orecchio dopo una nottata passata a fare il matto in cortile.
Ma torniamo a ieri. Tre Moretti rosse di una serie di ventiquattro birrozze comprate da mia moglie terrorizzata dall’imminente aumento dell’Iva ed ero ubriaco e felice nonostante l’indegno spettacolo offerto dai nostri politici. Ed è stato lì che ho cominciato a rendermi conto di essere un ragazzo fortunato. Perché faccio il giornalista sportivo e mi occupo di calcio. Gente brutta ce n’è anche nel mio ambiente, non sono così ingenuo, ma ce n’è meno che in Parlamento e tanti sono i buoni. Penso ad Alessandro Ruggeri che in questi giorni di dolore ha trovato un attimo per scrivermi un messaggio e ringraziarmi per un mio modesto articoletto apparso sul giornale che diamo allo stadio. Parlo di Matteo Bonomi, trequartista illuminato che ieri si è sposato con Lucia. Gli abbiamo messo un pezzullo sul nostro sito, più che altro per fargli gli auguri, non sono passati dieci minuti e ci ha risposto, un tenero grazie, nel giorno più bello e più incasinato della sua vita. Alessandro e Matteo sono due persone di cuore che è quello che manca alla nostra classe dirigente.
I dilettanti sono il nostro regno. E credo di essermene fortemente legato per le storie edificanti che mi regala ogni settimana. Stanno negli occhi di Paolo Grigis, una vita per la Falco Albino, che si mette una mano nel portafoglio e senza dirlo a nessuno paga di tasca sua la quota annuale del bambino il cui papà lavorava alla Honegger ed ora è senza lavoro. Stanno nelle gambe di Andrea Guariglia, 28 anni, da capitano a presidente del Gorle per salvare dalla chiusura il club calcistico in cui ha sempre giocato, rinunciando anche al campionato d’Eccellenza. Stanno nel sorriso di Gianluca Leo che in tempo di crisi si è inventato l’azionariato popolare per far restare in piedi il suo Arzago, Prima categoria, dove c’è un gruppo fantastico che la domenica si merita di scendere in campo. Non di starsene sul divano perché di sponsor in giro non ce ne sono più. Stanno nei pensieri di Pietro Birolini, ragazzi disabili ad allenarsi al centro sportivo Saletti, tutti in divisa, tutti tesserati, per festeggiare i cento anni della Nembrese e poco importa se i biancazzurri scendono in Terza. La sua battaglia, il presidente, l’ha già vinta.
In televisione quel che resta del giorno sono le giravolte dei nostri senatori sulla fiducia al governo Letta. E sono tutte facce che più brutte non si può. Mi piacerebbe ce ne fossero altre. E dopo dieci anni di Bergamo & Sport, una trentina di consigli giusti ai nostri partiti principali su chi candidare, saprei darli anch’io.