Che per rimanere in alto nel mondo del pallone la classe sia l’ingrediente fondamentale è una credenza diffusissima. Gli eroi nostrani non farebbero che dimostrarlo. Piedi buoni sì. Anzi, buonissimi. Josip Ilicic col suo destro nel sette, tra l’altro l’estremità “sbagliata”, l’ha confermato anche contro il Valencia nel recentissimo ottavo di andata di Champions League. Poi, però, uno dal fisico e dalle prestazioni atletiche a livelli spaziali come Hans Hateboer, non certo noto per le doti di tecnica pura, imbraccia la doppietta e il teorema rischia di vacillare. Secondo lo specialista, ergo la scienza, il segreto del successo dell’Atalanta attuale, quarta in campionato e coi quarti di finale dell’Europa che conta all’orizzonte, è il cervello. Lo sostiene Aiace Rusciano, psicologo e neuroscienziato dell’alta prestazione, direttore del Lab di Neuropsicologia del Chievo Verona dopo aver fondato quello del Milan, nonché direttore del Master in Sport Neuroscience & Human Performance presso il Centro Universitario Internazionale.

Nessun miracolo e niente tecnica pura alla base delle prestazioni superlative dei nerazzurri, insomma. Rusciano, studiando i picchi di rendimento dei giocatori alternati alle cadute, affronta la questione dal punto di vista strettamente scientifico: “Oggi, tutti questi fattori, come i ‘peak days’ dei top player, sono misurabili oggettivamente, allenabili e potenziabili con data science analytics e nuove aree connesse alle neuroscienze – chiarisce -. Uno dei segreti dell’Atalanta sta nell’utilizzo dei data science e big data e quindi nel ‘cervello’ dei calciatori. L’utilizzo di tecnologie di monitoraggio e analisi dati permette di ottenere informazioni strategiche, dati integrati e garantisce il controllo nei processi di decision making dell’allenatore. Il fine? Individuare le finestre di ottimizzazione di ogni componente del giocatore, muscolare e neuro funzionale, nonché di cognizione tattica in situazione, e di massimizzarle”.

I dati dell’Atalanta in termini di possesso palla (55% vs 55%), passaggi (518 vs 516) e rating individuale dei giocatori (6,92 vs 6,39) non presentano differenze tra campionato e Champions. Gli indici di ‘accuracy’ (accuratezza dei passaggi, 83% vs 80%) contro Dinamo Zagabria e Shakhtar Donetsk nelle ultime due partite del Group Stage C e quelli di San Siro contro i Pipistrelli (84%) mostrano piedi precisi e dunque un coordinamento neuro-prestativo ottimale. “Il dato in particolare ‘Accuracy: percentuale di passaggi completati con successo’ costante, da analizzare in un framework di data analytics più complesso, testimonia una superiorità del sistema nervoso, responsabile di un controllo cerebrale molto efficiente, skills specifiche, acquisibili, monitorabili e allenabili oggettivamente”, prosegue Rusciano.

Il raffronto di tali voci in Champions League suona come giustificazione del successo o meno in campo delle contendenti. Il Manchester City, che ha il miglior dato sull’accuracy in Champions (90%), registra un aumento dell’1.47%. L’Atletico Madrid presenta la seconda variazione migliore, dopo il Real Madrid, con un aumento dell’accuracy di +4.47%. Il record negativo è del Napoli, che rispetto alle partite di campionato ha mandato in fumo il 5,16% della propria pass accuracy, passando dall’87,2% all’82,7%. “Tutti questi fattori, tra cui il carico e stress mentale, incidono e sono correlati al rendimento ma soprattutto sono non solo misurabili, ma anche prevedibili e allenabili – conclude Rusciano, che ha l’esperienza diretta agli esordi nel Milan di Carlo Ancelotti avendo poi proseguito con Massimiliano Allegri -. I sistemi di data analytics e interventi specifici e neuro-funzionali agisce sulla programmazione con monitoraggio ed interventi preventivi anche sul sistema neuro-psico-motorio dei calciatori. Se i nostri Club vogliono restare al passo, per raggiungere ambiziosi risultati questa visione globale e reingenierizazzione dei processi è vitale ed imperativa”.