Una donna al timone: se la “nave” Modena Volley (denominazione in essere dal 2013 con il riassetto societario) ha finora navigato in ottime acque macinando successi e prestigio in ambito nazionale ed internazionale, il merito è anche di Catia Pedrini, uno dei pochi presidenti “in rosa” della pallavolo nazionale. Catia Pedrini, con la sua tempra morale e la sua trasparenza ha saputo farsi amare come massimo dirigente dal popolo gialloblu e non ha avuto paura di mostrare le proprie emozioni e la propria sensibilità come durante l’incontro con l’ex schiacciatore transalpino Earvin N’Gapeth, un segno di forza per tutti coloro che vivono i propri legami e le proprie amicizie in maniera sincera.
Siamo riusciti quindi ad ottenere dalla stessa presidente un’intervista per conoscere un po’ meglio le scelte e le sensazioni di un presidente donna al comando di un club professionistico.
Presidente Pedrini, cosa l’ha spinta a scegliere di guidare una società di volley di livello professionistico come Modena?
“Inizialmente più che una scelta razionale, mi ha mosso il desiderio di dare un contributo per salvare una delle società più longeve e riconosciute in Italia e nel mondo”.
Come presidente (ma prima ancora come donna), come si sente in un mondo nella quale la maggior parte dei vertici societari sono gestiti da uomini? E’ facile o difficile essere “al timone”?
“E’ sempre impegnativo essere alla guida di una società, ancora di più quando si ha l’onere e l’onore di farlo in nome e per conto di un’intera comunità. Il maschilismo è ancora molto presente nello sport e diciamo che è direttamente proporzionale alla scarsa cultura ed al timore che una donna diretta, tenace e leale possa costituire una grave minaccia allo status quo che, in fondo, fa ancora molto comodo a tanti. Le donne, per definizione, guardano lontano, vedono oltre, ascoltano emozioni e sentimenti. Sono meno interessate al potere e desiderano il meglio”.
Modena in questi anni, sotto la sua presidenza, ha ottenuto importanti risultati tra cui un “triplete” (stagione 2015/16). Quali sono i suoi ricordi migliori di quella grandissima annata, quali i più vivi ancora nella sua mente?
“I ricordi in otto anni sono davvero tanti, bellissimi e dolorosi, impossibile sceglierne uno. Sguardi, abbracci, lacrime, delusioni e rivincite: un patrimonio di affetti incomparabile e lezioni di vita indimenticabili”.
Questa è stata sicuramente una stagione “strana” e l’idea di non avere il proprio pubblico al PalaPanini (la “casa” di Modena) credo non piaccia a nessuno. Quale è la sua posizione a riguardo?
“La nostra posizione è molto netta: noi giochiamo per la nostra gente, il nostro popolo, i nostri compagni di strada, partner, sponsor, amici.
L’appartenenza e la condivisione di amore e passione. Non giocheremo senza il pubblico”.
Amare una squadra significa sacrificio, pressione, passione. Lei quali doti pensa di avere per reggere alla pressione del ruolo di presidente, nonostante abbia intorno a sé validissimi collaboratori?
“Senza i miei collaboratori non sarei nulla: insieme siamo cresciuti, abbiamo costruito un team di persone appassionate, capaci e competenti. Imparare a fidarsi, confrontarsi, sacrificarsi tanto, discutere, scontrarsi, prendersi responsabilità.
Non amo riconoscermi doti ma credo che tenacia e lungimiranza mi appartengano. E resilienza, sopra ogni altra cosa”.
Nel mondo sportivo c’è ancora, purtroppo, del “maschilismo”, per molti una donna non può rivestire il ruolo più alto. Lei, come Catia Pedrini, che risposta si sente di dare, quali sono le sue sensazioni?
“Disprezzo i maschilisti, detto con la mia proverbiale diplomazia. E’ una caratteristica propria dei piccoli uomini”.
Quale è, se c’è, il sogno nel cassetto prima di Catia Pedrini e poi del presidente di Modena Volley?
“Sogno un mondo più equo, verde e tollerante, rispettoso di ogni cosiddetta diversità. E spero in una lunga vita della società in cui si possa continuare a sognare insieme e, magari, tornare a vincere”.
Stefano Nava