Un altro grande protagonista del nostro calcio, Riccardo Gherardi, uno dei più forti portieri dell’Eccellenza bergamasca.
Riccardo, parlaci un po’ di te.
“Quest’anno ho giocato nella Trevigliese. Vivo a San Pellegrino Terme, in Valle Brembana, e nella vita di tutti i giorni sono professore di Matematica ed Organizzazione Aziendale all’Abf di San Giovanni Bianco. Sono laureato in Economia e ho scelto la strada dell’insegnamento perché penso sia una delle professioni più belle e gratificanti che si possano intraprendere, soprattutto perché permette di trasmettere molto ai ragazzi in un momento chiave della loro vita. E poi non nego che questa professione mi dà la possibilità di seguire la mia grande passione per il calcio, giocato e non solo: nelle scorse tre stagioni ho infatti anche allenato per un anno la squadra dei pulcini del Caprino e per due stagioni i pulcini del Pontisola. Esperienze bellissime e ricche di soddisfazioni…”.
La tua storia suo campi è lunga…
“Ho fatto tutta la trafila delle giovanili nel San Pellegrino, vincendo un titolo provinciale con gli allievi (che la società non aveva mai conquistato), fino ad arrivare ad esordire in prima squadra all’età di 15 anni. L’anno successivo, ancora molto giovane, mi sono ritagliato lo spazio per altre 5 presenze in prima squadra, e mi sono guadagnato soprattutto il posto da titolare per la stagione successiva. Quello fu il mio trampolino di lancio (giocai 31 partite su 31), raggiungemmo l’obiettivo dei playoff: una stagione entusiasmante! In estate, passai all’AlzanoCene in serie D (per questo devo ancora ringraziare tutta la società, dal dg Marconi a Mario Consonni e Walter Bonati che credettero in me): dalla Seconda alla serie D, era un sogno! Ho passato due anni molto belli all’AlzanoCene, dall’emozione dell’esordio in D contro il Legnago, lanciato da mister Sgrò, alla partita contro il Mantova poi vincitore del campionato, dalla partita di Coppa Italia contro la Reggiana al Giglio di Reggio Emilia, ad un derby vinto con il Ponte: ricordi indelebili per i quali ringrazio ancora oggi società e allenatori. Da lì è cominciata l’avventura tra Eccellenza e Serie D degli ultimi 10 anni (con una parentesi al Frassati Ranica di mister Cagliani in Prima Categoria, conclusasi ad un passo da uno storico salto in promozione in finale playoff a Tradate) … Ho avuto la fortuna di indossare parecchie casacche importanti della nostra provincia. Oltre a quella già citata dell’Alzano, ho trascorso due belle stagioni a Scanzo, con due sesti posti consecutivi. Quella del “pres” Oberti è una squadra che ha un posto speciale nel mio cuore, è una società che ho ammirato per la serietà e la competenza, qualità che spiegano i grandi risultati ottenuti negli anni. Poi l’esperienza di Villa d’Almè, durata purtroppo non abbastanza, in un’importante società che stava mettendo le basi per il grande salto in D tanto inseguito; e la breve parentesi di Mapello. Poi tre avvincenti stagioni al Caprino del presidente Austoni, una famiglia più che una squadra: la prima in particolare fu una stagione davvero speciale, chiusa con un esaltante quarto posto riacciuffato con una serie incredibile di 6 vittorie consecutive alla fine di un campionato che ci ha regalato il sogno playoff. Peccato che questa piccola realtà non abbia potuto proseguire la sua avventura, la passione del pres l’avrebbe meritato. Infine, l’ultima stagione con gli storici colori della Trevigliese, stagione travagliata per una serie incredibile di infortuni ma comunque positiva con un tranquillo posto di centro classifica, che rappresentava da neopromossa l’obiettivo stagionale. Devo ammettere che sono stato fortunato nelle scelte fatte stagione per stagione… Il calcio mi ha anche regalato l’emozione di diventare campione nazionale universitario con la squadra dell’Università di Bergamo nel 2015: una grande soddisfazione, avvalorata dal fatto che era la prima volta per Bergamo che tale traguardo veniva raggiunto”.
Hai sempre fatto il portiere? In quale ruolo hai iniziato?
“Sì, fin da bambino le sfide nel piazzale sotto casa con mio fratello (portiere della Sirmet Telgate, fresca di promozione in serie D, ndr) e mio padre avevano come “premio” quello di stare in porta: i voli sull’asfalto e le sbucciature che ci siamo procurati, i palloni finiti nel canale o nei giardini dei vicini, tutti ricordi che credo siano alla base dell’amore che io e mio fratello abbiamo per questo ruolo, così “romantico”, del portiere. A riprova di ciò, anche il terzo fratello, di 10 anni più giovane di me, fa il portiere nella juniores regionale del San Giovanni Bianco. Siamo una famiglia di numeri 1…”.
Ricordi il tuo esordio in prima squadra? La parata speciale.
“Come già accennato in precedenza, l’esordio lo feci da giovanissimo (non avevo ancora 16 anni) in seconda categoria: era l’ultima giornata del campionato di seconda categoria, vincemmo 3-2 contro la Caluschese e giocai l’ultima mezz’ora del match. Fu una bella emozione il primo impatto col “mondo dei grandi”. Feci una bella parata nel finale di partita, gesto che che permise di vincere: resta impressa nel mio cuore come la prima da portiere di prima squadra”.
Quale mister è stato importante per la tua carriera?
“E’ difficile rispondere a questa domanda perché la lista di allenatori che ho avuto è lunga e non vorrei dimenticare nessuno. Tutti mi hanno insegnato qualcosa e ho cercato di apprendere qualche segreto da ciascuno di loro. Tra loro, particolarmente importante è stato mister Brembilla, mio compaesano, che mi volle fortemente a Scanzo e che mi ha consentito di tornare in Eccellenza. Ricordo comunque con piacere tutti gli allenatori che ho avuto, con una citazione doverosa per i preparatori dei portieri: ricoprono un ruolo molto importante, non solo a livello tecnico, che molto spesso non è sufficientemente riconosciuto”.
Quanto ti manca il calcio?
“In questo periodo di stop il pallone manca moltissimo. Nelle prime settimane le preoccupazioni e i pensieri erano altri rispetto al calcio, e la cosa non è pesata molto, ma col passare del tempo l’assenza si è fatta davvero forte. Speriamo che si trovi il modo di partire con la nuova stagione a settembre, ma ovviamente tutto dipenderà dall’andamento di questo maledetto virus… Penso che si debba usare molto buonsenso nel valutare la ripresa: mi allineo alle parole del presidente Oberti dello Scanzo, che colgo l’occasione per salutare, che ha giustamente messo in evidenza come una società dilettantistica non può essere chiamata a rispondere penalmente di eventuali contagi che possono avvenire al campo di calcio, che sia prima squadra o pulcini non fa differenza: l’obiettivo delle nostre società è prima di tutto sociale e il giorno in cui si ripartirà, lo si dovrà fare in sicurezza. Un’altra fonte di preoccupazione che questa pandemia porta con sé riguarda l’aspetto economico: in un momento come questo esiste il rischio di un forte ridimensionamento del supporto che gli sponsor forniscono alle varie realtà locali, cosa che potrebbe avere un impatto importante sulle scelte societarie. Una preoccupazione questa che non si rifletterebbe soltanto nei rimborsi spese dei giocatori delle prime squadre, ma anche (e soprattutto) negli investimenti delle stesse sul settore giovanile e sulle strutture: l’impatto sociale potrebbe essere estremamente pesante.
Infine mi permetto di sostenere l’ipotesi di un cambiamento nelle norme sulla tanto discussa regola dei giovani: sarebbe intelligente, a mio parere, sfruttare questo momento di grande cambiamento per introdurre una rivoluzione nella gestione della regola. Ripropongo un’idea lanciata dal direttore del Villa Monaci: sarebbe meglio limitare la regola del numero di giovani ai componenti della rosa (ad esempio 10 o 12 su una rosa di 22, magari con un minimo di talenti usciti dal settore giovanile) senza imporre vincoli al numero di questi da utilizzare in campo, cosa questa molto limitante per allenatori e società in sede di mercato e scelta della formazione. Si aiuterebbe infine gli stessi giovani ad una crescita più graduale senza il rischio di essere “bruciati” troppo presto”.
La tua stagione alla Trevigliese.
“La Trevigliese è stata una piacevole scoperta. Ho trovato un gruppo affiatato e forte della vittoria del campionato di Promozione dello scorso anno, uno staff tecnico che fa sentire i giocatori come in una famiglia più che in una squadra, e una società seria ed organizzata: insomma, tutti gli ingredienti giusti per fare bene. Penso che dopo la promozione dello scorso anno, la società volesse stabilizzarsi in categoria e passare una stagione tranquilla senza rischiare quello che la Trevigliese era solita rischiare nelle ultime stagioni in Eccellenza. L’obiettivo è stato raggiunto anche se resta il rammarico per quella serie incredibile di 5 crociati rotti che ci ha colpito! Sono convinto che si sarebbe potuto mirare anche a qualcosa in più se tutta questa sfortuna non si fosse abbattuta su di noi. Resta però l’orgoglio di essere stati più forti di tutte queste vicissitudini e di aver concluso la stagione in modo comunque positivo. La speranza per una realtà importante come quella di Treviglio è che ci possa essere la possibilità di crescere ulteriormente per poter riportare nei prossimi anni la Trevigliese al massimo livello del dilettantismo, dimensione che sicuramente il blasone di questa maglia merita…”.
Il tuo futuro.
“A livello personale, l’ambizione è quella di riuscire, magari già nella prossima stagione, a vincere un campionato (cosa che mi manca a livello di prima squadra) e togliermi ancora tante soddisfazioni. La passione è la stessa di quando ero bambino e l’assenza dai campi di questi mesi la rende ancora più forte. Colgo l’occasione per un saluto a tutti i lettori di Bg Sport”.
Mattia Locatelli