La recente riunione dell’area nord della LND (Comitati regionali di Lombardia, Veneto, Liguria, Piemonte – Valle d’Aosta e province autonome di Bolzano e Trento), oltre a chiedere a gran voce la revisione del protocollo di sicurezza, condicio sine qua non per la ripresa dei campionati, ha bocciato la proposta di legge di riforma dello sport italiano, recentemente presentata dal ministro dello sport, Vincenzo Spadafora. In particolare, c’è preoccupazione per la ventilata abolizione del vincolo. Facciamo un po’ di chiarezza. Il vincolo è, giuridicamente, il rapporto che lega l’atleta alla società: fino al sedicesimo anno d’età il calciatore è legato anno per anno, al compimento dei sedici anni è invece “costretto” a vincolarsi per le otto stagioni successive (lo Statuto della FIGC ha recentemente ridotto la sua durata dagli attuali 25 ai 24 anni), rendendo necessario il consenso del sodalizio per liberarsi ex art. 108 delle Norme Organizzative Interne della Federcalcio. Salvo poche eccezioni codificate: fallimento della società, cambio di residenza del calciatore, stipula di un contratto da professionista, mancato impiego in almeno quattro gare nella stagione. “Paletti” malvisti dall’Assocalciatori in quanto ritenuti penalizzanti per i giovani atleti. Il nuovo regime auspicato da Spadafora (la riforma, in virtù di una legge delega del Parlamento, è soggetta ad approvazione governativa) sarebbe in pratica una liberalizzazione del settore dilettantistico. Le società temono di non poter più programmare l’attività, in mancanza di un numero certo di tesserati, e si dicono pronte alla mobilitazione. Staremo a vedere se sarà possibile trovare un accordo, evitando un “muro contro muro”, poco auspicabile in un frangente già difficile per lo sport di base.
Giuseppe Fappiano