L’orfano che sapeva sognare”. Così si intitola l’autobiografia di Tino Sana (nella foto al centro), imprenditore bergamasco di Almenno San Bartolomeo, scomparso oggi all’età di 84 anni. Costantino all’anagrafe, si era raccontato in un libro attento e accorato scritto in occasione dell’ambito traguardo dei 75 anni: una serie di pagine piene di ricordi, sentimenti, emozioni e vita. Lui che la vita l’ha vissuta davvero appieno, come un riscatto. Dopo aver perso il padre Bernardo, operaio della Dalmine a causa di un incidente sul lavoro in Germania dove era stato mandato per sei mesi, a otto anni, mentre la madre andò a lavorare in Svizzera, si trasferisce al Patronato San Vincenzo di don Bepo Vavassori. Un evento che gli cambierà la vita, che lo segnerà profondamente tanto da insegnargli i veri valori della vita. Al Patronato, che divenne ben presto la casa del cuore e della vita, stringerà amicizie e imparerà un lavoro, quello appunto del falegname, che lo renderà famoso in tutto il mondo. Maestro del legno, fondatore dell’azienda Tino Sana oggi in mano ai suoi figli, ideatore del Museo del Falegname, ma soprattutto uomo umile e posato, un grande lavoratore (“in questo lavoro sono fondamentali la conoscenza tecnica e l’umiltà, avere i calli sulle mani. Io non ho studiato, non so parlare. La mia lingua è il bergamasco. Ma ho l’occhio e conosco il mio lavoro, so fare i conti”, si legge nel suo libro quando racconta l’acquisizione della Sam, azienda per la quale era assunto). Tutto questo, e molto altro ancora, era Tino Sana, uomo perbene che ha segnato un’epoca e ha fatto la storia della sua professione prima nella sua terra e poi nel mondo intero.