Così a memoria e di fretta, in cinque minuti nonostante l’uomo valesse ricordi di almeno intere settimane. Veloce perché ho addosso la tristezza in fondo al cuore e me lo ha insegnato mia mamma, la Vale, non ci si concede agli altri quando qualcosa ti fa stare male. E’ morto Luca Carminati, che nel nostro ambiente era semplicemente uno super, prima portiere, ma non uno qualunque, uno davvero straordinario, tipo un Maignan del calcio provinciale, che l’anno scorso l’avevano messo in porta contro l’Atalanta e lui aveva fatto un miracolo che persino il Gasp era restato a bocca aperta, “chi è quello lì? Dove ha giocato mai uno tanto forte? E’ umano o è sceso da Marte?”. Fenomenale allora, a 54 anni, con la Rappresentativa della Val Seriana. Compagni nel Berghem Soccer Team del Gigio e di Sersao, ci incrociavamo di tanto in tanto il giovedì sera al campo a sette di Orio al Serio, un altro come me che non riusciva a smettere mai. Prima della malattia, fino a due mesi fa attaccante, ma di quelli capace di metterne dentro dieci-quindici a partita, alto alto e possente, letale e generoso, piedi dolcissimi, battute, cazzate, straordinario a tavola per il buonumore e per gli aneddoti. Parlavamo, che da qualche anno era l’opinionista di Antenna Due, persone belle e per bene, non a caso scelti come nostri partner. E stavamo a contarcela su, “ma il Casazza del mio Claudio la supera la Falco o sta ancora lì per lì?”, “ma il mio San Paolo col Teba in prima linea ce la fa ad arrivare alla salvezza o questa domenica è stata solo un fuoco di paglia?”. E ridevamo, felici, lui sudato per aver finito di giocare, io emozionato perché, se parlo con le nostre istituzioni, do il massimo per non apparire il cretinetto che sono. Luca mi stimava, “direttore, cos’hai visto?”, e gli parlavo del mio tempo al Villa Valle, “buoni buoni, ma sfigati che manco a Lourdes”, e i miei compagni me la menavano che la mia partita era iniziata, ma Luca mi raccontava dei suoi 45 a Gandino e degli altri a Ranica e io con lui non riuscivo a smettere, troppo in gamba, troppo leggero, troppo intelligente, troppo preparato. Da mister ha dato il via al calcio femminile, a Bergamo e in Italia, dieci anni fa in quel modo straordinario di adesso, pari agli uomini, per la prima volta con l’identica dignità. Personalmente mi ha fatto ridere e scherzare, come sanno fare solo i grandissimi. Mi mancherà e il fatto che sia morto senza manco poterlo salutare e coccolare mi mette nel corpo una tristezza e un’incazzatura che ci sto male, così la chiudo qui. Addio, Luca, e grazie, perché mi fa piangere, perché eri speciale. 
Matteo Bonfanti