Non so come sto, ho pensieri che non ho avuto mai, prima di Elisa per me la scrittura era solo quando fuori piove, sul divano per coccolarmi tra i pensieri, per riscaldarmi dal freddo che c’è qui al nord. Vivere per scriverne, insomma giocare all’infinito immaginandomi all’Alfama di Lisboa, a un passo dall’oceano, tra l’universo e il cuore. Poi, quattro mesi e passa fa, Roberto, che è tra le tre persone che penso siano più belle al mondo, mi ha chiesto di fare l’editore di un libro non mio. Mi ha dato appunti e parole raccolte di fretta da una ragazza a lui tanto cara, una donna che io stesso ho scoperto che vale tanto e quanto, appunto Elisa, l’autrice.
Tra le sue frasi c’erano la meraviglia e l’intuizione di un tempo sospeso, ma ogni cosa era in disordine, erano carte da decifrare, quasi un temporale, con tuoni, fulmini e saette, assi e jolly da decifrare e da districare, senza capire bene bene se poi valesse la pena di portarle nel famoso porto sepolto, qualcosa che a me all’inizio metteva ansia e anche un po’ di rabbia, messo come sono da trent’anni in questo folle godimento che è per me sono le mie frasi. Ci metto la notte, la luna e le stelle, il significato e il suo significante, il ritmo del mio destino, queste sono la maggior parte della mia stessa esistenza. E ci ho impiegato un mese per pensare a un percorso perché le parole sono il mio cuore, ma pure la musica che ci gira intorno. Devono avere un contenuto, ma soprattutto quel suono, la musicalità, aspra o dolcissima, quando si dice una cosa o quell’altra che è il suo contrario, in un caso fai incazzare il lettore mettendoci la merda, nell’altra gli fai carezze a mille all’ora e appare l’arcobaleno. Devi. Con le esse o le erre, con le vocali o le consolanti, con le parolacce o il vento di Neruda, con i punti, i due punti, le virgole e il punto e virgola.
Così con Elisa mi sono messo, “la tua idea è bellissima, raccontare l’aprile del covid in mille mondi e in altrettante intuizioni e ingiustizie dall’Italia a Curitibia”. Ma è diverso da un articolo, non è artigianato, che dai notizie in fila fottendotene altamente del conto che danno all’anima le parole quando arrivano allo stomaco. In un libro dev’esserci dell’arte, e allora rimettiamoci sul primo capitolo, “Eli, rimandamelo dopo avere ascoltato il suono del tuo cuore. Ascolta i tuoi battiti mentre parli di Rafael a San Paolo durante una pandemia che lì non c’è, incontra davvero il suono degli sguardi di Zasha mentre a Mosca le negano persino che esiste una malattia mentre la sua gente muore in ogni dove. Allinea i tuoi racconti senza fretta che un libro dura un anno da quando esce e non è una corsa e non lo è stata mai, pensa a Gauiguin, non a Feltri che pure nei suoi fondi è da sogno. Dipingi, non avere paura”.
Ed Elisa l’ha fatto, si è buttata con i suoi pennelli e i suoi colori, e insieme abbiamo fatto un libro bellissimo, oggi arrivato in redazione tra gli applausi generali e che settimana prossima sarà in tutte le librerie e che presenteremo in dodici strade di Bergamo.
Resta per me questo viaggio che forse non è il mio, quello dell’editore duro e puro, uno che riceve un manoscritto da Londra e lo trasforma in un libro, curandone ossessivamente ogni attimo, immaginando cosa vuole l’autore, scegliendo un titolo tra la dozzina che gli saltano in mente, studiando la copertina, lo stampatore e chi dovrà distribuirlo, impaginandolo dalla prima parola all’ultima su Word e poi in Photoshop.
In questo momento devo tornare tra le mie frasi, ma resta l’esperienza di “Alla fermata”, uno scritto straordinario di una grande autrice che ho indirizzato, facendola faticare, trasformandola ogni giorno in una scrittrice, spesso rompendole i maroni eccessivamente. Ma scrivere è il mio sogno preferito, ed è come fare l’amore, una felicità e una fatica paragonabili solo a quelle che servono per vivere sempre e per sempre nell’abbondanza dei campi di grano. Nel prossimo suo lavoro Elisa, che ringrazio per essersi affidata a me per il suo esordio letterario, non avrà più bisogno della mia presenza. Ed è questo il bello di fare l’editore, fare scoprire le ali a chi le ha addosso senza saperlo. Ma ora sento che anche io voglio tornare a volare perché sono uno più di tutto uno scrittore.
Matteo Bonfanti
Nella foto il libro in mano a Carmelo, il fichissimo e super pubblicitario di Bergamo & Sport, la copertina è di Priscilla Bei, lo stampatore è Graffidea, l’impaginazione è mia. Prima di uscire, ha già duecento e passa ordini nelle librerie di Bergamo. Se lo volete al volo fatemi un fischio, chiamatemi al 340 8605833 oppure mandate una mail a elisaallafermata@gmail.com