La Calcinatese entra ufficialmente nella post season, prendendo atto del concomitante successo del Palosco, oltre che del bel pareggio andato in scena al cospetto del Carobbio 2020. A essere pignoli, la stagione non è certo finita qui, ma l’ultima di campionato porta storicamente appresso emozioni e la dovuta malinconia. Anzitutto, per chi c’è stato e si appresta ad appendere gli scarpini al chiodo. La parola allora va ai “Tre Tenori” di casa Calcinatese. Tre amici, altrettante storie calcistiche, il dovuto attestato di stima e gratitudine a un mondo che ha saputo dare tanto. Cristian Bellina comunica ufficialmente il proprio addio, lasciando intravedere che sarà vera festa solo in caso di obiettivo centrato: “Più che alla giornata, devo pensare alla settimana che è stata. Una settimana particolare, culminata in quella che è stata l’ultima giornata della stagione regolare. Dopo oltre vent’anni trascorsi giocando a calcio, pensare che tra un paio di settimane finirà tutto fa strano, subentrano sensazioni particolari. Il calcio continuerà a rimanere nella mia vita, senza giocarlo e, anche se adesso fa strano, dovrò farmene una ragione. L’impegno settimanale comincia a risultare pesante e gli stessi acciacchi cominciano a essere più fastidiosi, più difficili da analizzare e smaltire. Non riesci più ad allenarti come vorresti e in partita non giochi più bello sciolto. E per me che ho sempre voluto vivere il calcio in modo attivo, magari decisivo, diventa difficile accettare tutto questo. Anche contro il Carobbio, ho provato a lasciare il segno, nel pre-gara ho avvertito quelle sensazioni che ti fanno pensare che potrai essere decisivo, anche con pochi minuti a disposizione, e in effetti un paio di situazioni interessanti ci sono state, ma non hanno trovato fortuna. Se questa dovesse rappresentare davvero l’ultima gara, mi piace ripensare proprio a quella sensazione: a quella scioltezza che, senza acciacchi di mezzo, ti porta a provare un po’ tutto, per provare a vincere e far felice la tua squadra. Devo dire che era un po’ di tempo che non provavo questa leggerezza, corpo e mente sciolti: il calcio è fatto di queste sensazioni e sono queste che porterò sempre nel cuore, anche quando mi ritroverò lontano dal campo, vivendo la partita soltanto da spettatore. Ci tenevamo a vincere, per saltare un turno e andare a giocarci i playoff, ancora contro il Carobbio, forti del fattore-campo, ma non è andata come volevamo. Ci aspettano comunque gare a sé, che valgono un’intera stagione, e ci faremo trovare pronti. Ripensando alla carriera, ritengo che la mia età dell’oro sia arrivata con il salto in Eccellenza a San Paolo d’Argon: vittoria dei playoff e vittoria della Coppa Italia. Quello potrebbe essere il mio anno di grazia, mi riusciva un po’ tutto e mi sentivo realmente di eccellere. Poi ci sono stati anche gli anni di Casazza, in cui abbiamo vinto la Coppa, ma a livello individuale l’anno di San Paolo è restato qualcosa di unico e irripetibile, il massimo del mio splendore. Credo di aver imparato un po’ da tutti e quindi il mio ringraziamento si estende a tutti gli allenatori e a tutti i dirigenti. Ho imparato a come comportarmi. E anche a come non comportarmi. In ambito extra-calcistico, devo ringraziare la mia famiglia, prima di tutto. Mio papà Fulvio, che mi ha sempre accompagnato, fin dagli inizi e anche adesso, anche se ora tiene banco il campionato che mio fratello Maicol sta provando a vincere con il Torre de’ Roveri. Un anno che ricordo piacere riguarda sempre San Paolo, quando la famiglia si è riunita al gran completo. Mio fratello veniva via da Sarnico e allora ci siamo detti: perché non transitare tutti da San Paolo? Mio papà felicissimo, naturalmente, di poter accompagnare i due figli in un colpo solo. E poi un grazie enorme va a mia moglie Silvia, ai miei due figli, Alexander e Maximilian, perché anche loro fanno parte del mio calcio”.
Addio ai limiti del grottesco quello formulato da Franco Terzi, autentico baluardo della difesa calcinatese, espulso nei minuti di recupero causa doppia ammonizione e che rischia di salutare anche i playoff, laddove le giornate di squalifiche dovessero essere almeno due. La delusione è smorzata allora con il sorriso e con quel mestiere tanto caro ai difensori risoluti e invalicabili, capaci di dettare legge pur senza gesta eclatanti o un fisico da granatiere. Dopotutto, a tenere banco è la sontuosa carriera di Terzi, classe ’79, in tempi più recenti protagonista nei salti di categoria operati, tramite titolo conquistato, da Pedrengo e Frassati Ranica, e, tramite playoff, dalla Nuova Valcavallina. “Lascio comunque con la certezza che ci siamo divertiti – apre l’esperto leader della difesa – del resto, siamo un gruppo di amici abituati a competere in categorie superiori e l’obiettivo dei playoff è stato centrato. Alla fine, credo che saremo in tanti a lasciare quest’anno ed è giusto così, perché a un certo punto gli infortuni, il lavoro, la famiglia ci richiedono di parare altrove. Fino a 28 anni non ho mai vinto niente, poi è arrivato il titolo di Promozione con la Romanese e da lì ho avuto sempre modo di giocare per obiettivi di vertice. L’anno che ricordo di più è il 2008, che ha portato in dote sia il titolo che il matrimonio. I titoli di Romano, Pedrengo, Frassati Ranica; i playoff vinti con la Grumellese, che ci hanno portato dalla Promozione all’Eccellenza; i playoff vinti con Nuova Valcavallina, valsi il salto in Prima. Poi da lì ha prevalso la voglia di divertirsi, in amicizia, e credo che l’esperienza di Calcinate abbia rappresentato il degno epilogo. Nel mentre, da centrocampista passavo in difesa e così correvo di meno (ride, n.d.r.). Ringrazio tutti coloro che hanno accompagnato in campo, e fuori, la mia carriera, ma un grazie speciale lo devo a mia moglie, che mi ha sopportato, in questi 43 anni, sui campi da calcio”.
Chiusura per il capitano, Giuseppe Previtali, classe ’83, una vita calcistica spesa al servizio della Calcinatese: “Comunque vada a finire questa stagione, chiudo con qualcosa in ballo. È sempre bello spendersi sul campo, potendo giocarsi qualcosa di importante, come un salto di categoria. Sono 34 anni che gioco e a un certo punto il fisico reclama più attenzione e una tregua. Calcinate è sempre stata la mia piazza di riferimento, anche se l’esordio in prima squadra è da far risalire agli anni al Forza & Costanza, e fa piacere concludere da protagonisti, pur non sapendo ancora come andrà a finire. Siamo un gruppo fantastico, l’autogestione che negli anni si è creata ha reso possibile un clima incentrato sulla competizione, ma anche sul divertimento. Le persone da ricordare lungo tutti questi anni sarebbero tante, ma vorrei tributare un pensiero di cuore al compianto Albino Maffioletti, il nostro allenatore nell’anno della vittoria del campionato di Prima”.
Nik