Ci sveglieremo all’alba, o forse, non avremo dormito affatto.
Troppo elettrizzati, euforici ed emozionati per lasciarsi abbandonare al sonno.
Ci guarderemo allo specchio, e nonostante gli occhi gonfi, scorgeremo un sorriso sul nostro volto.
Sulla sedia, in salotto, la sciarpa della Dea e la maglietta ad attendere di essere indossate.
Quella domenica si andrà all’Atalanta.
Coloreremo le strade, riempiremo la città col nostro entusiasmo, stringeremo mani, regaleremo abbracci, e torneremo a casa.
Io, di certo, non tratterrò le lacrime.
Non mi vergogno ad ammetterlo.
Entrerò mano nella mano con mio papà, e l’onda emotiva che mi investirà sarà la stessa di quando ci andammo – sempre insieme – per la prima volta.
Sentiremo il brusio emozionato crescere coi minuti, mentre le tribune si coloreranno di noi.
E crescerà proporzionalmente al battito dei nostri cuori, che batteranno più del dovuto.
Quel primo coro, proveniente dalla Nord, ci scuoterà l’anima, lasciandoci in eredità una pelle d’oca che sento di percepire già ora, solo con l’immaginazione.
Quella domenica, forse, è ancora lontana.
Ma arriverà.
E sarà un altro giorno che non potremo dimenticare.
Con estremo rispetto per quello che ci è successo, e consapevole della situazione attuale, mi sento semplicemente di dire che questo squallido circo non fa per me.
Ogni domenica, senza andare – davvero – all’Atalanta, invece di riempirmi, mi svuota.
Mi manca, quella domenica.
Mi sorprendo qui a scrivere e a sospirare forte, con un po’ di malinconia, sperando di vedervi presto.
A casa.
Perché arriverà, quella domenica.
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