I video sono lì da vedere e gustarsi fino all’ultimo sorso, sulla nostra pagina Facebook. Ma raccontare un’atmosfera, l’idem sentire di un popolo radunato in una serata d’autunno con torciata finale per quelli che sono andati avanti, richiede uno sforzo supplementare. Oltre le fotine, immagini da descrivere per iscritto, la cosa più difficile del mondo. In migliaia tra birre, cori, cena che sta finendo con raccolta fondi a favore di “La casa di Leo”, saluti di Glenn Stromberg che alla mostra di sciarpe e maglie storiche ci mette tre quarti d’ora a fare dieci metri perché tutti se lo strappano di mano per saluti-due chiacchiere-selfie, il massaggiatore Marcello Ginami che racconta com’è nata la maglietta di Valencia con dedica alla Bergamo sofferente e la lotteria finale con calzoncini & maglie di Toloi-Ederson-Touré. Si vive di nerazzurro, si respira nerazzurro, si sospira per il nerazzurro.

La presentazione del quarto volume di “Atalanta folle amore nostro”, by Daniele Belotti, il politico-ultras o viceversa, non importa, 470 pagine piene zeppe di inediti, 1.300 fotografie e 120 video scannerizzabili col codice QR, tutto sommato era solo un pretesto per stare insieme, condividere la passione sfrenata per il sangue del proprio sangue e soprattutto mandare il messaggio urbi et orbi di chi pensa di meritarsi una ricompensa e lo urla senza remore. Quale? L’ha detto per tutti il Bòcia, alias Claudio Galimberti, dall’esilio volontario di Marotta, dove pesca cozze e si fa rimpiangere da una Curva Nord acefala: “Con tutto quello che abbiamo passato e fatto in questi anni, meritiamo di vincere qualcosa. Coppa Italia o Europa League, qualcosa dobbiamo vincerla”.

Il collegamento in videotelefonata è un inedito per l’ex ragazzo di Redona zavorrato da tanti Daspo, e i tifosi nella platea del tendone all’Oratorio San Giuseppe di Dalmine lo rimpiangono e lo acclamano. Compresa Clara Mondonico, figlia del compianto Emiliano, che dà inizio ai rimpianti e alla celebrazione della memoria della Festa della Dea, l’ultima l’anno in cui morì il Baffo di Rivolta cui la dedicarono: “Credo proprio che sia ora che torni tra noi, non c’è motivo perché non lo faccia. Solo io so quanto Claudio mi sia stato vicino e quanto mi abbia aiutato a superare la separazione da mio padre. Sarà sempre una persona fondamentale per me”. Manda i saluti anche l’amministratore delegato atalantino Luca Percassi, ma la Società risponde comunque presente, in vena di annunci: “Completate le torri per gli ascensori, adesso la posa dei piloni della nuova Curva Sud. Il Gewiss Stadium avrà 24.954 posti a sedere, col vanto di avere più di 18 mila tifosi solo nelle curve. In Europa solo il Borussia Dortmund può vantare altrettanto”, le parole del direttore operativo e coordinatore unico dei lavori allo stadio Roberto Spagnolo.

Il D.O. chiarisce anche un aspetto su cui in tanti lo assillano: “I due rettilinei, come saprete, sono vincolanti dalla Soprintendenza. Per alzare la ex Giulio Cesare al livello delle curve, per dire, è il Comune che dovrebbe darci le autorizzazioni. Non dipende da noi, abbiamo dovuto lavorare in spazi circoscritti”. C’è la visita di German Denis, El Tanque, che pur di riabbracciare Bergamo s’è dato a un altro sport: “Ho il centro padel a Zanica, ma chiaramente non dimentico i 5 anni qui da calciatore. Ricordi stupendi. E negli ultimi anni con Gasperini la squadra è diventata grande regalandoci emozioni”.

Ci sono i vecchi Commandos di Geo Longhi Zanardi, di cui ol Belòt era la mascotte, che erano e sono della Bergamo-bene ma alla buona, molto feroci nel sostegno alla Dea, e si spostarono dalla Nord alla Sud “perché costava meno”, ricolmi di ricordi come un cabaret di bignè allo zabaione. C’è Marcello il fisioterapista, l’ideatore della dedica “Bergamo questa è per te – mola mìa” mostrata in diretta tv dai giocatori: “L’ho preparata e scritta io, che sono di Zogno, paese tra i più colpiti dal covid nella Bergamasca. Eravamo lì a giocarci il passaggio ai quarti di Champions League e nessuno di noi sapeva cosa avremmo trovato al ritorno. Così mi misi a scrivere su questa maglietta nei bagni del ‘Mestalla’. E provavo qualcosa dentro che non si può descrivere: non ce la feci a sfilare coi ragazzi dopo la partita”.

C’è il passaggio degli avvocati Federico Riva e Marco Saita, i legali dei 28 tifosi che accusano ancora oggi l’aggressione della celere di Firenze a bordo del pullman dopo la semifinale di Coppa Italia al “Franchi” il 27 febbraio di 5 anni fa: “Qualcosa si muove, il fascicolo è ancora in Procura a Firenze. Solo che l’effetto più immediato delle nostre 28 denunce, in cui si contesta in pratica ai nostri un agguato ai sostenitori della Fiorentina fuori dallo stadio, è stato vederle aggiunte ai fascicoli aperti per l’indagine a loro carico”.

Dulcis in fundo, Marten de Roon, l’olandese più bergamasco che esista, sul cui tiro, al 25′ di Lazio-Atalanta all’Olimpico, il 15 maggio 2019, s’infranse la credibilità del Var e forse del calcio italiano tout-court insieme alla chance di regalare una sorellina alla Coppa Italia del ’63. “A ricordare i 21 mila nostri tifosi al seguito… pél de poia – dice fra Martino dal ritiro Oranje -. Peccato per il mani di Bastos, a quel punto per lui, ammonito poco prima, sarebbe stata espulsione e per noi rigore. A proposito, anche per me l’Atalanta è un amore folle…”. Più in là, resta da ammirare la collezione di maglie (una quarantina) e sciarpe (una trentina). Una di queste ultime firmata da Glenn in presa diretta, ma di fretta, relativamente parlando, ché aveva l’aereo da prendere. Le altre, nell’arco temporale del 1977/78 di Titta Rota con marchio Umbro fino praticamente a ieri. Slavate, in lanetta, manica corta per il caldo e lunga per il freddo, pesanti uguali. Sai che emozione, una serata di amore folle. 
Effe