“Per la mia Dea Card non si preoccupi, io lì non ci vengo più. Con rabbia e con amore”. Lacrime, soprattutto della figlioletta di 10 anni. Sconforto, anche della moglie, per l’acqua presa in testa in attesa che chi di dovere risolvesse la grana. E l’amara delusione di Alessandro Foiadelli, il capofamiglia di un simpatico quanto sfortunato terzetto rimasto fuori dal Gewiss Stadium, alias lo stadio per famiglie e bambini, senza poter assistere ad Atalanta-Juventus sabato pomeriggio. Motivo? I tre biglietti, i tre titoli validi per l’ingresso, non si erano caricati sulla Dea Card.

E Foiadelli, protagonista di un faccia a faccia con l’addetto al pubblico della Società, identificato con la sola iniziale del cognome – “Signor M.” – , non ha trovato altro che sfogarsi amaramente sui social per l’ingiustizia subìta per disguidi non certo dipendenti dalla sua volontà, dopo aver rifiutato ogni offerta “personale” di rimborso in quanto considerata umiliante e offensiva per un tifoso atalantino di lungo corso come lui.

Eccone gli estratti più significativi. “Grumello del Monte. Caro signor M., sono Alessandro Foiadelli, ho un senso di disgusto per quello che è successo a me e alla mia famiglia riguardo il mancato ingresso allo stadio per Atalanta-Juve. A casa ho verificato i passaggi della transazione: risultava conclusa, il pagamento effettuato. Poi non so cosa sia mancato e, francamente, ora non me ne importa. Comunque la banca ha stornato la quietanza. Mi è stato impedito di seguire mia moglie e mia figlia alla biglietteria perché avevo gia passato il tornello. Mia moglie non è mai entrata in uno stadio e mio malgrado sono stato costretto ad abbandonarla, insieme a mia figlia di 10 anni, in mezzo a tutta quella confusione e sotto il diluvio.

Sentire al di là del telefono mia figlia piangere disperata in mezzo alle proteste degli altri tifosi alle prese con problematiche più o meno simili mi ha fatto ribollire il sangue. Solo allora arriva uno steward con gillet arancio che mi aiuta e mi accompagna alla biglietteria dove ho trovato le mie signore sotto il diluvio, smarrite e impaurite, mia figlia choccata, tanto da dirmi ‘non vengo più’… Nel frattempo se ne era andata un’ora e per giunta al botteghino avevano anche trattenuto le tessere di mia moglie e mia figlia. Le stesse facce smarrite e impaurite le leggevo sui volti dei ragazzi dentro il botteghino, abbandonati a se stessi a sbrogliare una situazione che diventava sempre piu complicata.

Quando ho visto arrivare Lei, caro signor M., all’alba delle 14,55, non mi sarei mai aspettato di essere trattato come truffatore o un delinquente. Mi sarei aspettato una persona che risolvesse un problema e magari le scuse per aver abbandonato due signore, una di 10 anni, sotto il diluvio, nello sconforto di non vedere la partita piu importante del campionato e soprattuto abbandonate e costrette a restare in quella bolgia, perché i documenti erano stati trattenuti. Mi ha sbattuto la porta in faccia signor M., e l’unica cosa che sapeva dire era che per una manata sulla porta avrebbe potuto anche vietarmi l’ingresso per sempre allo stadio.

E mi ha insultato dicemdomi che mi avrebbe rimborsato personalmente. Io non so quale sia il suo compito preciso, ma so che lo svolge nel peggiore dei modi. Lei non ha capito l’Atalanta. Parlo del popolo dell’Atalanta, noi che la seguiamo ovunque e sempre. Io le avrei pagato altre 85 euro per entrare. Io che dal 1976 seguo la Dea, e prima ancora sporadicamente quando mio nonno si faceva 10 km con me a cavallo del canotto di una bici, pedalando con una gamba di legno. Lei non sa cosa sia la passione di uno che si fa 1000 km in auto da solo per vedere Bari Atalanta, o che sale sulla statua del quartiere per metterle la maglia della Dea. Lei non mi ha restituito i soldi di un paio di scarpe comprate all’Orio Center, Lei ha calpestato la mia passione. Signor M. è riuscito in 2 minuti in un’ impresa ben peggiore, farmi odiare l’Atalanta“.