Imperativo categorico: vincere per rimettersi in bacheca l’unico premio a 114 anni di storia, fatto proprio il 2 giugno del 1963 a San Siro, con papa Giovanni XXIII morente, grazie alla tripletta di Angelo Domenghini al Torino. Anche perché oltre la Coppa Italia di trofei od obiettivi stagionali razionalmente raggiungibili non se ne vedono proprio, con un campionato da settimo posto e da rincorsa più una Champions League non proprio agevolissima. Ma il Real Madrid sarà una realtà a due tempi negli ottavi del 24 febbraio a Bergamo e del 16 marzo nel ritorno degli ottavi di finale. E in serie A mancano 17 giornate da disputare. Può succedere tutto o l’esatto contrario. Adesso l’urgenza è disfarsi del Napoli, per strappare il ticket della seconda finale della Coccarda dopo quella persa due primavere fa con la Lazio sull’onda del mani di Bastos sfuggito al Var da rigore e secondo cartellino.

L’incognita alla ripresa è sempre legata alla fascia destra, orfana di Hans Hateboer, afflitto da dolori al quinto metatarso sinistro che secondo l’allenatore Gian Piero Gasperini potrebbero portare addirittura l’olandese sotto i ferri del chirurgo. Nemmeno il suo backup Joakim Maehle offre garanzie, avendo preso sei punti di sutura al piede destro per il pestone dell’andata al “Diego Armando Maradona” rimediato dal colosso Koulibaly. Entro il pomeriggio di martedì si saprà tutto, ovvero se sarà necessario un secondo riciclo di fila del tutto mancino Robin Gosens a destra col baby Matteo Ruggeri sulla corsia contestuale al piede, come nel 3-3 contro il Torino da 2 punti persi in rimonta, oppure con l’avanzamento a destra di uno dei difensori, soluzione comunque alle soglie dell’impossibile vista la squalifica di Cristian Romero. La sola alternativa sarebbe una virata a quattro sulla terza linea, schierando Toloi-Djimsiti-Palomino-Gosens.

I Ciucci, dal canto loro, privi di Dries Mertens, del recentissimo scavigliato Manolas e della coppia di covidizzati Ghoulam-Koulibaly, avrà a sua volta dei bei rompicapi per sciogliere le riserve sulle caselle della formazione. La formula speculare o quasi ai nerazzurri del 3 febbraio, ovvero retroguardia e tre e falso tridente d’attacco con Lozano in mezzo, dovrebbe subire la retromarcia col ritorno di Mario Rui basso a sinistra e del negativizzato Fabian Ruiz a centrocampo. Davanti, sulle ali, il messicano si gioca la maglia con Politano, con Insigne a partire da sinistra. Il terminale sarà Victor Osimhen o il grande ex Andrea Petagna, che però accusa continuamente fastidio al polpaccio? In ogni caso, per la Dea, un appuntamento da non fallire. Perché la coppa nazionale di metà settimana al momento è l’unica certezza. Persa quella, dove andrebbe a parare l’annata numero cinque del Profeta di Grugliasco? La Juve è un cantiere perenne e deve cercare la remuntada-scudetto, oltre a coltivare il sogno delle Grandi Orecchie. L’Inter, altra possibile finalista che parte in svantaggio martedì sera avendo perso la prima casalinga, non ha l’Europa ma fino all’ultimo sarà presissima e snervata dal ballottaggio in vetta col Milan. O adesso o mai più.
Simone Fornoni