La ventinovesima puntata di “Attenti a quei due” porta in auge due amici fraterni, che impressionano persino per la similarità delle rispettive risposte. In comune, oltre a un bagaglio d’esperienza che li porta dritto nell’Olimpo del dilettantismo, determinate imprese che, nel variegato panorama concesso dal calcio bergamasco, hanno particolarmente colpito gli sportivi di casa nostra. Da una parte, il doppio salto compiuto dalla Cisanese del compianto Albino Maffioletti, capace di issarsi dalla Prima all’Eccellenza grazie a un crescendo di risultati che rimanda alla solidità e alla competenza garantite da figure come Franco Forliano, ancora oggi vero deus ex machina degli All Blacks. Nel ricordo di un profilo caro a tutti gli addetti ai lavori, torna ad affiorare il momento atto alla consacrazione del “Maffio”: correva l’anno 2003, quando la sua Nuova Albano, impegnata in Eccellenza, fece man bassa sia del campionato sia della Coppa Italia, vinta nella storica finale del “Brianteo” di Monza a spese del Lecco. Lungo questa cavalcata trionfale, figurò da onesto gregario alle prime armi “Gengi” Mazzoleni, mentre il fidato compare Luca Vanotti, per tutti “Il Vano”, si destreggiava da par suo, sempre in Eccellenza, al “Matteo Legler” di Ponte San Pietro, prendendo graduale confidenza con le mansioni proprie del pendolino di fascia, tutto corsa e dinamismo. Prendeva così corpo l’epopea dei due protagonisti di “Attenti a quei due”: figure-cardine, per dedizione e senso di appartenenza, tanto a Cisano Bergamasco, in occasione del doppio salto perpetrato dai “Maffio Boys”, quanto a Chignolo, teatro di uno dei più clamorosi epiloghi dell’ultimo periodo. Nella stagione 2014-2015, con l’allora Chignolo impegnato in Seconda categoria, agli ordini di mister Marco Albergoni, “Gengi” e “Vano”, a mo’ di fieri uomini-copertina per un gruppo capace di andare ben oltre le avversità e le più rosee aspettative, diedero il la al capolavoro. Nel segno dei gol di Sassone, Zanetti, capitan D’Elia e Saimon Cattaneo, del carisma dei vari Tami, Capitanio e Carminati, il Chignolo salì di giri nel girone di ritorno, fino a un’insperata rimonta sul Presezzo e fino allo spareggio-thrilling, sancito dal più pazzo ultimo turno della storia recente, con il Bonate Sotto. Nel maggio 2015, in una di quelle giornate-evento che sanno tanto di appuntamento con la Storia, i chignolesi si imposero ai tempi supplementari grazie alla doppietta di Saimon Cattaneo, chiudendo col botto un torneo semplicemente indimenticabile.
Nome, Cognome, Soprannome.
L.M.: “Luca Mazzoleni. Soprannomi “Mazzo”, o “Gengi””.
L.V.: “Luca Vanotti, “Vano7””.
Professione.
L.M.: “Mi occupo di manutenzione e gestione di centrali idroelettriche”.
L.V.: “Operaio nel settore del carbonio, costruttore di bici e parastinchi”.
Incarico nel dilettantismo.
L.M.: “Ad oggi non so ancora se continuerò a giocare o se rimarrò nel dilettantismo come allenatore, o viceallenatore, dei ragazzi”.
L.V.: “Giocatore nel Pontegiurino A, calcio a 7 gruppo A”.
Pronostico secco: quando torneremo in campo?
L.M.: “Spero a settembre”.
L.V.: “Settembre”.
Il tuo sportivo preferito.
L.M.: “Roberto Baggio. Calciatore dalla classe infinita e grande uomo, dentro e fuori dal campo”.
L.V.: “Roberto Baggio. Calciatore con tanta qualità e una bella persona, dentro e fuori dal campo. Insomma, un vero e proprio esempio”.
Squadra del cuore. Da sempre?
L.M.: “Milan. Da sempre”.
L.V.: “Milanista da sempre! 7 Champions… il numero sette è un numero fantastico!!!”.
La vittoria (o la partita) che ricordi più volentieri.
L.M.: “La semifinale dei Mondiali del 2006, vinta contro la Germania”.
L.V.: “La finale dei Mondiali dell’Italia, nel 2006”.
E tra i dilettanti? Raccontaci la tua carriera.
L.M.: “Ho iniziato in prima squadra a 16 anni nel Real Borgogna, dove sono rimasto per due anni. Dopo una parentesi al San Pellegrino, la Nuova Albano, con la vittoria del campionato di Eccellenza e della Coppa Italia al “Brianteo” di Monza, contro il Lecco. Poi Mapello, quattro anni al Trealbe, due a Calcinate, il Brembate Sopra, due anni a Cisano con il doppio salto di categoria dalla Prima all’Eccellenza, l’Olimpia Grenta, due anni al Chignolo con la vittoria del campionato di Seconda categoria nello spareggio col Bonate Sotto, Oriens e quattro anni a Boltiere”.
L.V.: “L’esordio in prima squadra il 19 marzo 2000, a Ponte San Pietro, per un totale di sei anni in Eccellenza, tra i cinque di Ponte e l’anno al Darfo. Poi cinque anni di Promozione, dei quali uno a Ponteranica e al Forza & Costanza e tre di Lemine. Dopo sono arrivati i tre anni di Cisano, con la vittoria di due campionati, in Prima e Promozione. Dopo una stagione all’Almè, in Seconda, l’anno del titolo con il Chignolo, sempre in Seconda. Di nuovo Almè, per altri due anni e a quel punto sono passato al calcio a 7, nel Pontegiurino. In tutto, fanno 448 presenze e 50 gol fatti”.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera? E il più brutto?
L.M.: “Il più bello viene dalla doppia promozione con la Cisanese, vincendo il campionato di Prima categoria e, l’anno seguente, quello di Promozione. Il più brutto è la retrocessione ai playout con il Trealbe”.
L.V.: “Senza dubbio il più bello è rappresentato dall’esordio in prima squadra, a 17 anni, a Ponte San Pietro, in Eccellenza. Sono entrato per sostituire il mio super fratello (Ivan Vanotti, n.d.r.). Il più brutto rimane l’infortunio che rimediai in campo, a 14 anni, per colpa di una scivolata cattiva sulla caviglia. Mi ruppi il perone e, dal dolore che avevo, pensai di non poter giocare mai più”.
C’è un dirigente con cui avresti voluto lavorare? E un giocatore?
L.M.: “Direi di no. Alla Cisanese, ho avuto la fortuna di avere come direttore sportivo Franco Forliano, uno dei dirigenti più competenti e preparati in assoluto, adattissimo anche per un incarico nel calcio professionistico. Non mi viene in mente nessun calciatore, in particolare. Ne ho conosciuti tanti nelle varie squadre in cui ho giocato e molti di loro mi hanno insegnato davvero tanto, sia tecnicamente che umanamente!”.
L.V.: “Come dirigente, direi Franco Forliano della Cisanese, persona molto preparata, la più indicata per la crescita di una società. Quanto al giocatore, dico assolutamente Mazzoleni, “Il Gengiva”, perché lo vedo dotato delle mie stesse idee e di quello spirito di sacrificio che ti fa fare qualsiasi cosa pur di onorare la maglia che indossi”.
Il tuo sogno nel cassetto.
L.M.: “Il mio sogno si è realizzato lo scorso luglio, con la nascita dei miei gemellini, Giulia e Ruben”. L.V.: “Si è realizzato con la nascita del mio angioletto, Stefano”.
E in ambito calcistico, qual è la tua ambizione?
L.M.: “Sono contento del percorso fatto in questi ventitré anni, ricchi di sacrifici e soddisfazioni, che mi hanno permesso di conoscere tante persone a cui sono tuttora molto legato!”.
L.V.: “Cercare di trasmettere a mio figlio questa stessa passione e questo spirito di sacrificio”.
Una persona cui sarai sempre grato.
L.M.: “Albino Maffioletti!!! Ci ha lasciato prematuramente lo scorso ottobre, a causa di un brutto male. Un allenatore, un amico e un secondo padre, per me!”.
L.V.: “Mio fratello Ivan, per quello che mi trasmette in ogni momento”.
Un tuo pregio e un tuo difetto.
L.M.: “I pregi sono la voglia di non mollare mai e la determinazione. Il mio difetto è il dare troppa fiducia alle persone sbagliate e questo vale sia sul campo di calcio che nella vita”.
L.V.: “Come pregio, penso di essere uno che non vuole mai mollare e che ci mette tutta la grinta possibile per vincere. Il difetto penso che venga dalla troppa generosità”.
Un pregio e un difetto dell’altro.
L.M.: “Vano sul campo è un lottatore e sa ricoprire più ruoli, garantendo sempre lo stesso apporto alla squadra. Certo è che è un po’ taccagno! A Cisano, quando riscuoteva le multe, sembrava un esattore delle tasse (ride, n.d.r.)”.
L.V.: “Come pregio, è molto generoso. Come difetto, è troppo generoso”.
Ricordi quanto vi siete conosciuti?
L.C.: “Fin da giovani ci siamo incontrati spesso da avversari, in occasione dei tornei estivi. Poi la prima esperienza insieme a Cisano e, successivamente, a Chignolo”.
L.V.: “Ci siamo conosciuti, da piccoli, a un torneo a 7 in Valsecca”.
Chi è il compagno più forte con cui hai giocato?
L.C.: “Avrei tanti nomi da fare, ma se devo scegliere dico “Il Codino della Bassa”, Corrado Oldoni. Umiltà, visione di gioco e piedi fatati”.
L.V.: “Ovviamente Mazzoleni, “Il Gengiva” (ride, n.d.r.). No dai, non scherziamo, il più forte penso proprio sia Giorgio Gherardi, con me in Eccellenza a Darfo”.
Tu e lui come… a quale coppia vi ispirate?
L.M.: “Beh, “Vano” potrebbe essere “Soldatino” Di Livio. E io un piccolo Gattuso”.
L.V.: “Penso Gattuso lui e Zanetti io (sorride, n.d.r.)”.
Il più bel ricordo che hai in sua compagnia.
L.M:. “La sua faccia, tutte le volte che rientravamo negli spogliatoi dopo che aveva perso la partitella di fine allenamento. Tornavamo a casa insieme in macchina ed era ancora incazzato (ride, n.d.r.)”.
L.V.: “In occasione del suo compleanno, a mezzanotte e un minuto, sono andato a suonargli il campanello e mi sono presentato indossando gli occhiali con su scritto “Happy Birthday” (senza dubbio, una sorpresa ben riuscita, n.d.r.)”.
Manda un saluto all’altro.
L.M.: “Vano, basta farmi parastinchi, ché ne ho già quattro paia! Ciao bestia!!!”.
L.V.: “Ciao Gengiva, fa ‘l brao e ricordati che devi fare i parastinchi con su i tuoi gemellini”.

Nikolas Semperboni