Auguri a tutte le mamme, che sono la prima cosa bella. Auguri al centinaio di mamme che ho e che ho avuto, la Vale, che è proprio la titolare, quella che mi ha partorito, e oggi la guardavo e mi piaceva da matti per via del suo sorriso, del cielo azzurro di Valgreghentino e delle nuvole bianche come dinosauri sopra le nostre teste.
Poi mia sorella Chiara che da bimbetto mi dava sempre la mano, mia nonna Pina che mi portava a Zadina di Cesenatico, mi preparava le lasagne e le polpettine e mi faceva recitare il rosario tutto in fila. E sapere le preghiere mi è tornato utile nei momenti chiave della mia vita: “Sette ave maria, tre padre nostro, quattro gloria al padre, tutte le sere di questo mese, ma tu, Gesù, mi fai assumere dal giornale”. E mia zia Tella che per me la sua casina di via Pietro Inviti è come Gardaland, tanto mi sono divertito con lei e Sandro nelle nostre interminabili serate passate a giocare a Risiko. Quindi le mie quattro maestre delle elementari, la Patri, Marilisa, la Lilli (col suo cagnetto) e Monica.
Da ragazzo Angela, la moglie di mio papà, che è colta, e da adolescente mi ha spiegato un sacco di cose sulla vita e i suoi perché, lei e mio babbo che è un poeta e in alcuni momenti mi ha fatto da mamma, con quella tenerezza, sicché devo festeggiare pure lui in questo giorno solo femminile. E anche Ernesto, il marito di mia mamma, che mi apre ogni volta la sua casa, mi sfama e spesso mi ubriaca e la riprova è che io e Marco, adesso in redazione, ci stiamo bevendo il suo ottimo limoncello.
E va beh, sto già facendo confusione, perché mi verrebbe da dire pure Gualtiero, Evro e il Gigi Foppa, che mi hanno accolto qui a Bergamo, coccolandomi, sostenendomi, credendo nelle mie (discusse e discutibili) capacità, proprio come fanno le mamme. E sono un uomo fortunato, che avrei almeno altri mille nomi da fare perché alla fine della fiera ogni essere umano che mi vede è preso da quella cosa lì, di occuparsi di me, soprattutto di darmi da magnare, che, se non faccio sport, mi cresce la panza perché ognuno tenta di imboccarmi, capita anche a forza. Dico Marco e Monica, qui in ufficio, Marti, Ermallo, il Messico, Gre, la Bonzi prima di andare a Bologna, il Gando, nel mondo.
Persino la Giuliana, che, se passo per caso dalla trattoria, mi dà la crostata alle fragole avvolta nel domopack perché mi vede patito. E Doriana, l’immensa dolcezza delle sue parole che sanno di bigné al cioccolato, e mia zia Cristina, le volte che vado a Castenaso, e la Persico, dico l’Elisa, che al pranzo di Natale dell’Atalanta mi dà due regali al posto che uno perché mi vede come un popino da far sorridere, da rendere felice.
Auguri alla mamma dei miei figli, Costi, talmente brava che li ha resi due mammoni, splendide cozze appiccicate a lei, e un pochino anche a me, una fortuna, perché mi capita di provare quella cosa bellissima che è l’istinto materno. Mi arriva dentro e mi fa sentire un dio, anzi una dea, quella dell’amore.Ps – Ieri mio figlio Vinicio mi ha sequestrato le sigarette dopo un interminabile predicozzo sulla mia salute. Proprio come una mamma, o meglio, una mammina.
Matteo Bonfanti

Nella foto io bimbino con mia mamma