E siamo a due. Dopo aver caldeggiato, e previsto, il blocco dei campionati dilettantistici , la battaglia a tutto campo di mister Giulio Cagliani trova oggi un altro importante attestato di autorevolezza, con i fari della ribalta che convergono sulla partita di Champions League Atalanta-Valencia, giocata a Milano lo scorso 19 febbraio. Già lunedì 16 marzo, in un’intervista concessa al nostro settimanale, Cagliani aveva posto in essere la questione, ponendo al centro del dibattito la contiguità di date tra quella gara e i giorni più caldi per la diffusione di Covid-19. Insomma, siamo ben lontani dalla semplice coincidenza. E il dato è ulteriormente suffragato da un’altra zona oggi particolarmente esposta, come Brescia e il Bresciano, e un’altra partita cruciale, ai fini della cronobiologia degli eventi: Brescia-Napoli, di venerdì 21 febbraio. Cagliani pare averci azzeccato ancora una volta, tanto che in un’intervista rilasciata a ilfattoquotidiano.it, Francesco Le Foche, responsabile del Day Hospital di Immunoinfettivologia, al Policlinico Umberto I Università La Sapienza di Roma, si è espresso in questi termini: “La partita di Champions Atalanta-Valencia del 19 febbraio è stata un megafono per la diffusione del contagio da coronavirus nella bergamasca… A dircelo è la cronobiologia degli eventi. L’esplosione dei contagi c’è stata 14 giorni dopo il match”. Bingo. Eccoci catapultati nella più drammatica attualità. Contattato per un parere, Giulio Cagliani rincara la dose, lasciando trasparire tutta la preoccupazione del momento.

Come sta mister? Pare che Atalanta-Valencia sia diventata di dominio pubblico, nei termini che lei stesso ci aveva presentato. Che sensazione fa?

“La verità è che siamo stanchi di essere presi per il culo da tutti! Quanti morti! Siamo nella più totale emergenza, per colpa delle istituzioni che non hanno previsto niente e non fanno nulla per convincere le imprese a rifornirci della mascherine. Chiediamo a dei giovani medici di salvare un’infinità di pazienti, mentre gli Alpini, che non sono esattamente degli impresari, costruiscono nuovi ospedali. Il tutto, mentre l’Atalanta sembra accontentarsi di qualche comunicato, mandando avanti, sul fronte della beneficenza, mister e giocatori. La verità è che è la democrazia a essere nella totale emergenza. L’assenza di un uomo forte si fa sentire, specie quando vedo gente che se ne frega e continua a trasgredire. Chi sgarra è da prendere e da spedire ai Servizi Sociali. Li manderei negli ospedali, a occuparsi dei “pappagalli” dei pazienti, finché l’epidemia non volge al termine. Le multe non servono: non servono soprattutto alla collettività, che non avrebbe modo di quantificare né l’entità né il ritorno, in termini di servizi. Per certi incoscienti, per non dire imbecilli, molto meglio i Servizi Sociali. E’ in ospedale che adesso servono. E avrebbero modo di capire per davvero il senso di certe restrizioni”.

Che idea si è fatto dell’emergenza sanitaria?

“Ora, come faccio a essere sicuro dell’attendibilità dei dati che ci vengono forniti? E anche quando sarà finita quest’emergenza, come farò a essere certo che la persona che mi troverò di fronte non abbia qualcosa e non tornerà a contagiarmi? Servono certezze sui tamponi e sulla loro modalità di somministrazione. Ma in Italia questo non sembra essere un problema, perché un’azienda bresciana ha appena chiuso un affare da mezzo milione di kit – tamponi, mascherine, respiratori – con gli Stati Uniti, e il nostro Stato lascia fare. In regime di libero mercato, tutto può essere. Ma è mai possibile che le istituzioni lascino fare, come se nulla fosse, senza prendere nemmeno provvedimenti o contromosse? E poi ci sono gli ospedali. Dobbiamo metterci ben in testa che non stiamo morendo soltanto di Coronavirus, perché la convalescenza cui stiamo assistendo, all’interno di un Ospedale ma anche a casa nostra, visto e considerato che tanti di noi non possono essere ricoverati, presenta mille criticità. Chi ha la febbre, chi la polmonite, chi ha problemi pregressi al cuore: non possiamo pensare soltanto alla Tachipirina, o a una modalità di cura predefinita. Basti pensare allo stato febbrile: la febbre, purché entro un certo limite, è a nostro favore, perché favorisce gli anticorpi. E allora perché non pensare alle suddivisioni, negli spazi di un Pronto Soccorso? Perché non provare a riorganizzare gli spazi, secondo il messaggio che questo virus ci sta mandando? Bisogna differenziare, mettendo da una parte i soggetti colpiti da semplici influenze e dall’altra i pazienti colpiti da Coronavirus. Il virus sta sparigliando le carte, se vogliamo uscire dall’emergenza dobbiamo trovare una metodologia più razionale, in grado di sfuggire dalle inevitabili corse contro il tempo. E qui entra in gioco l’aspetto della competenza. La chiamata alle armi dei giovani medici è necessaria, ma non possiamo nemmeno chiedere loro i miracoli, quindi differenziamo anche qui. Ai medici esperti toccano le grandi responsabilità, a chi è arrivato da un giorno all’altro ed è un tirocinante, o poco più, dovrebbero toccare mansioni più affini al contatto col pubblico, al coordinamento tra le parti. E poi servono gli pneumologi, professionisti pronti a dedicarsi a un preciso stadio della malattia”.

E alle imprese, a un mondo produttivo che lei conosce bene, che cosa possiamo imputare? Che cosa pensa delle ulteriori restrizioni varate con l’ultimo Decreto?

“Dell’ultimo Decreto non voglio nemmeno parlare, perché trovo ridicolo parlare di passeggiate o giretti consentiti, a patto che siano nelle vicinanze. Che cosa vuol dire vicinanza? Uno può vivere in campagna, come può avere un condominio a fianco, da dove escono anziani e bambini. Le restrizioni vere sono quelle che ha promosso, in merito al divieto di utilizzo degli impianti comunali, il Sindaco di Albino, Fabio Terzi, che ringrazio pubblicamente. Sulle imprese, trovo che ci sia un aspetto grottesco. In tempi in cui siamo tutti bravi a parlare di robotica, di Scienziati della Comunicazione, di 5G e di ampi ricorsi all’intelligenza artificiale, è mai possibile che non siamo in grado di creare macchine automatizzate per cucire e assemblare mascherine? 35 anni fa, quando mi occupavo di tempistiche e metodologie in seno all’azienda, le camicerie creavano e cucivano colli e maniche in maniera completamente automatica. Siamo qui ancora ad aspettare i milioni di mascherine che ci dicono in arrivo. Eppure le scritte che compaiono fuori dalle farmacie sono sempre quelle e non lasciano spazio a grosse illusioni”.

E lo sport, in tutto questo, cosa può fare? Ha ancora senso parlare di Atalanta o calcio dilettantistico?

“L’Atalanta, toccata nel vivo dalla faccenda legata alla partita con il Valencia, non può accontentarsi di un messaggio (10 marzo scorso, n.d.r.) uscito subito dopo la qualificazione ai Quarti e di un invito a restare a casa, comparso peraltro giusto domenica scorsa, dunque ben dopo che i buoi fossero usciti dalla stalla. Vorrei ricordare che di mezzo non c’è soltanto la trasferta a Milano, ma anche quella di Lecce, con le rilevazioni della temperatura compiute a margine della partita di campionato. Un messaggio forte, forse antidemocratico, rivolto a tifosi e simpatizzanti, che so essere tantissimi, da parte del Presidente avrebbe un effetto ancor più significativo di quello di un Sindaco, cui rivolgo tutta la mia solidarietà.  In un momento così drammatico, segnato da lutti e dall’impossibilità di rendere il dovuto omaggio ai nostri cari, non può essere così difficile far passare il messaggio che l’Atalanta va, per ora, archiviata. Mettiamoci il cuore in pace, in questo frangente c’è qualcosa che conta molto di più degli allenamenti. E poi c’è l’aspetto legato alla beneficenza. La società, in quanto tale, composta da un Presidente e una serie di soci, non può mandare avanti il mister e i giocatori, come se nulla fosse. Dopo tutto, sono anche loro cittadini che, come noi, colgono la drammaticità della situazione. Il restyling dello Stadio è sotto l’occhio di tutti, con una Curva Nord abbattuta e poi ricostruita ex novo nel giro di pochi mesi. E’ così difficile ipotizzare un contributo fattivo nell’allestimento dell’ospedale da campo in zona Fiera? Se è vero che, per venirne fuori, ne verremo fuori soltanto tutti assieme, mi aspetto che tutti gli atalantini diano il loro contributo. A partire dunque dalla società”.

Parole forti, scandite all’imbocco di una settimana che può risultare decisiva, oltre che incandescente. Staremo a vedere.

Nik