Caro Direttore,
siamo amici da tempo e condividiamo insieme la passione per il calcio e la buona compagnia. La partita settimanale è un appuntamento irrinunciabile e poi figurati se ci facciamo mancare la cena dalla Giuliana. Ma diciamocela tutta: lo facciamo soprattutto per dare respiro una volta alla settimana alle nostre consorti…
E’ una passione che (colpevolmente…) cerchiamo di inculcare anche ai nostri figli. I tuoi piccoli sono ai primi calci mentre il mio, che ha qualche anno di più, vive a 12 anni il calcio ancora come un puro divertimento. Mi ritengo anche fortunato: è bravino, qualche gol lo fa e io da bravo genitore intossicato di calcio passo qualche sabato pomeriggio di gloria sognando un giorno di vederlo giocare nel Barcellona, ben sapendo che non giocherà mai a Barcellona… Ma sai com’è la passione per il calcio…
Caro direttore, ti scrivo perché da qualche tempo a questa parte la partita del sabato non è più divertente come qualche tempo fa. E ho forse capito cosa non va.
Oggi è una domenica mattina di inizio autunno e dopo una notte di pioggia c’è un buon sole. I figli sono da amici, arriveranno per pranzo e la moglie non mi vuole tra i piedi. Penso bene di farmi una passeggiata nel grazioso paesello dove abito ormai da molti anni (alta pianura, pochi km da Bergamo, non facciamo nomi sennò magari esce un altro 15-18) un salto in edicola e poi un giretto al vicino centro sportivo, la domenica mattina c’è sempre qualche partita dei ragazzini da vedere. E’ da parecchio tempo che non visito il centro sportivo. Strano, nonostante sia a due passi da casa. Mi accorgo che adesso c’è anche un campo da rugby e dai movimenti capisco che tra poco inizierà anche lì una partita. Rugby, che razza di sport…
Sono al campo da calcio, la partita è iniziata da qualche minuto, giocano dei ragazzini sui 13-14 anni, dovrebbero essere giovanissimi. Bello il campo, sembra un campo da golf e belle le divise, eleganti, pulite. Pubblico numeroso, i genitori vengono ancora volentieri a vedere i propri figli, sono ancora piccoli, forse un giorno giocheranno nel Barcellona, sognare non costa niente e in tempo di crisi quando le cose sono gratis…
L’arbitro avrà sì e no 17 anni però si vede subito che passerà una domenica tranquilla, i ragazzi in campo sono tranquilli, giocano per divertirsi e poco importa se nel giro di pochi minuti la squadra di casa è già avanti di un paio di gol. In campo c’è divertimento, c’è rispetto.
L’incanto dura poco, pochi secondi e ritorno alla realtà. C’è un genitore della squadra di casa (avanti 2-0) che ogni 5 secondi ha qualcosa da dire all’arbitro (nell’ordine: “fischia” “è fuorigioco” “ma ci vedi” “ma cosa fischi”) e mi accorgo che ogni volta che apre bocca si guarda in giro per vedere se ci sono altri adulti che fanno segno di sì per compiacerlo e ogni volta trova almeno un adulto che gli rivolge un sorrisino da ebete e fa sì con quella cosa ovale attaccata al collo. E lui che si sente protagonista, e allora via, dopo 5 secondi, ad un altro commento nei confronti dell’arbitro…
E poi c’è quell’altro genitore, sempre della squadra di casa, che non fa altro che rivolgersi al figlio con, nell’ordine: “ma cosa fai?”, “vai avanti”, “vai indietro”, “ma ti svegli?”. E il ragazzino che fa di tutto per non guardare verso il pubblico, forse si vergogna, in fin dei conti ha sì e no 13 anni…
Sono lì da 5 minuti e, come avrai intuito, mi sono già stufato. Vedere 22 ragazzini che giocano pensando solo a divertirsi e vedere in tribuna gente che pensa a tutto meno che a tifare e incoraggiare dei ragazzini (anzi no, scusa, dei figli) mi fa incazzare.
Alzo lo sguardo e vedo che a 50 metri, nel campo da rugby è iniziata la partita. Non ho mai visto una partita di rugby dal vivo, solo qualche minuto in tv. Non mi piace molto il rugby, che sport è?
Sono al campo da rugby. Due squadre di ragazzi sui 16-17 anni, maglie praticamente identiche, gialle, con qualche anno di vita sulle spalle. Il prato in erba ha conosciuto momenti migliori, qualche pozzanghera quà e là. Non ho la più pallida idea di che squadre siano e da dove arrivino.
Anche qui c’è gente, genitori soprattutto… Anche qui c’è baccano, gente che urla. Che aria strana però, c’è allegria, mah…
In campo i ragazzi se le danno di brutto, ogni tanto vedi ammucchiate e pensi a quel povero cristo che sta sotto e mi preoccupo. Poi però tutti si rialzano e il poverocristo inizia a ricomporsi… Raccoglie le ossa sparse sul terreno e se le riattacca, sembra un mutante. Che strano però… nessuno che si lamenta, non vedo madri preoccupate che il figlio torni a casa senza un orecchio dimenticato in giro. E non sento nessuno che se la prende con l’arbitro. Per forza, penso io, l’arbitro probabilmente non c’è. Osservo bene  e finalmente lo vedo. L’arbitro c’è anche se non è molto riconoscibile, anche lui indossa una divisa sul giallino e mi sembra un tantino sovrappeso.
Però è strano, con tutto sto marasma nessuno che si lamenta con l’arbitro. Non un giocatore, qualcuno del pubblico, neanche uno straccio di viceallenatore.
Un momento, adesso c’è una mischia, ci saranno quindici ragazzi uno sopra l’altro e a un certo punto vedo l’allenatore di una squadra (anche lui in sovrappeso) che parte, entra in campo correndo e si dirige verso l’arbitro. Ci siamo, penso io, adesso va dall’arbitro e lo mena, nel calcio succede spesso così. Se l’è cercata, non fischia mai, lascia fare, fino a quando qualcuno si fa male e poi lo senti il mister che si ritrova senza il migliore della squadra e perde la partita per colpa dell’arbitro.
L’allenatore si avvicina all’arbitro, ma va oltre. Si dirige verso il luogo del disastro, là dove un gruppo di ragazzi cerca tra l’erba le ossa, le gambe e le braccia lasciate dopo l’ammucchiata. E cosa fa l’allenatore? Rimette in piedi i ragazzi, anche quelli della squadra avversaria (d’altronde come fai a distinguere i ragazzi? Hanno praticamente la stessa maglia, e poi con tutto quel fango). Una pacca sulla spalla e via, a giocare.
Mi concentro sui rumori fuori dal campo. Sento voci che invitano i ragazzi a rialzarsi, sento voci di incoraggiamento, sento dei “bravi raga”, dei “dai che non è niente”. E poi vedo genitori che cercano gli sguardi dei propri figli, vedo dei sorrisi e ragazzi in campo che se le danno di brutto, però in allegria.
Pausa di gioco e per qualche secondo c’è silenzio. Arrivano nitide le urla dalla partita di calcio 50 metri più in là: i soliti “fischia”, “è fuorigioco”, “ma ci vedi”, “ma cosa fischi” e anche “ma cosa fai?”, “vai avanti”, “vai indietro”, “ma ti svegli?”.
E’ ora di andare. Mi aspetta una domenica di calcio.

Il ventidue