Lungi da me fare di tutta un’erba un fascio e poi, a meno di quarant’otto ore dalla chiusura delle votazioni, è presto per tirare delle conclusioni. Eppure da ieri sono assai preoccupato dall’avvento di Giorgia Meloni al potere perché faccio parte di una minoranza che la presidentessa del consiglio in pectore è parsa ignorare nell’arco dell’intera campagna elettorale. Mai una parola affettuosa in un periodo in cui la leader di Fratelli d’Italia ha rassicurato e coccolato chiunque, tanto i pendolari, il suo cruccio, spesso scendendo in campo in prima persona, armata di paletta, fischietto e col fido Crosetto al seguito, per far arrivare i treni in orario, si dice persino quelli che fermano alla stazione Verdello-Dalmine.
Dopo la doverosa premessa, necessaria per far capire ai miei lettori che non ho preconcetti di alcun tipo nei confronti del nostro nuovo gruppo dirigente, i fatti. Intorno alle 17 di ieri mi stavo recando con la mia bicicletta elettrica Yellow al negozio Tiffany di via Papa Giovanni per proporre ai due titolari, ragazzi tra l’altro molto carini, di fare un po’ di pubblicità sul giornale che dirigo. All’altezza del numero 27 di via Previtali, ancora sobrio e compostissimo lungo la mia bella ciclabilina, una signora di mezza età dai capelli color biondo cenere mi superava a bordo del suo Suv bianco, credo di marca Peugeot, per poi fermarsi senza mettere la freccia. L’intervento divino, penso della Madonna, mi evitava il peggio, e grazie a una prontezza di rifessi non comune alla mia veneranda età riuscivo a schivare la vettura di qualche centimetro e a riprendere la mia marcia. Qualche minuto dopo la scena si ripeteva in via Bonomelli, con la mia severa, ma giusta protesta, il dito medio alzato, verso un signore affascinante e brizzolato, una sorta di George Clooney in salsa orobica. Il suddetto mi tagliava la strada con la sua Volkswagen Polo, facendomi rischiare di andare a sbattere contro le impalcature del condominio grande e grosso che stanno sistemando. Con il danno che metro dopo metro si trasformava in una sorta di beffa: cinque automobilisti mi strombazzavano e m’insultavano, facendomi sentire il pirata della circolazione bergamasca e non la vittima della strada che invece ero.
Non mi dilungo, ma esercito il mio sacrosanto diritto a fare del sano complottismo ponendo una manciata di domande ai miei lettori. In primis: esiste un nuovo e preciso disegno politico per sterminare i ciclisti elettrici, tanto più se, come me, sono rossi di capelli e quindi cattivi fin dalla nascita? E, se sì, e la cosa è già evidente, è perché la mia categoria consuma un sacco di corrente ogni giorno, fottendosene altamente della crisi energetica che investe l’Europa? E poi, cosa dice in merito Silvio, ago della bilancia della coalizione? Ne ha parlato all’amico Putin? E che c’entra in tutto questo Calenda? E Renzi, pensate che ci è o che ci fa?
Nel dubbio questa mattina ho lasciato la Yellow a casa e ho tirato su la Pandona Aranciona a Metano, prendendo di mira i monopattinatori. Gli ho gridato dietro senza la minima pietà, e mi sono sentito molto meglio, a posto, parte di una maggioranza che vuole migliorare l’Italia, la nostra patria.
Matteo Bonfanti
Nella foto: corrucciato, in preda ai pensieri già raccontati