Intorno all’una e trentacinque circa scendo a guardare la luna e ci passo vicino. Ogni volta mi viene la tentazione di svegliarlo, di chiedergli giusto tre cose, se sta lì per scelta o perché è povero povero, se non ha una fidanzata o un amico del cuore o una mamma o due figli che lo possano ospitare, se non gli viene un po’ di paura a dormire solo soletto e senza manco un riparo. Se sono in buona, me lo immagino alzarsi alle prime luci dell’alba per correre lungo i sentieri delle nostre montagne con le gambe velocissime e tutto il vento caldo accanto. Se invece sto così così, mi viene addosso la preoccupazione che avevo da bambino, quella dell’uomo nero che arriva all’improvviso con le peggio intenzioni e con un coltello grosso e affilato. Allora faccio la ronda dell’isolato in cerca di presenze sospette. Appurato che di notte nella mia città non c’è la benché minima anima in giro, torno a casa tranquillo, mi metto sul divano, accendo la tv e mi addormento facendo comunque un attimo prima la mia bella preghierina per il signore che sta riposando all’aperto.
Il mio piccolo racconto è tratto da un angolo della centralissima via Angelo Maj, a Bergamo, capoluogo di una delle province più ricche d’Europa, dove la povertà si vede perché è tanta, immensa per ottocento famiglie, che hanno recentemente perduto l’aiuto che gli dava il reddito di cittadinanza scoprendo la cosa tramite un sms. Ho scattato questa foto nello stesso giorno in cui Piero Fassino, deputato alla Camera per il Partito Democratico, ha protestato in Parlamento agitando il suo cedolino perché il suo stipendio mensile (4718 euro di paga base, più 3503 euro di diaria, più 1200 euro di rimborsi telefonici, più 3995 euro per i trasporti che usa o non usa) non è d’oro.
Matteo Bonfanti