Per tutti è stato Pablito Rossi. Con i suoi gol l’Italia vinse i mondiali del 1982. Ma per noi italiani, che abbiamo ricordato Maradona, se ne è andato un mito. Non solo del mondo del calcio, per molti anni nostro ambasciatore con il suo eterno sorriso anche nei paesi più lontani. Centravanti atipico nel senso che non aveva un fisico bestiale, anzi magrolino, alto quel che basta anche per segnare gol di testa ma svelto, agile e soprattutto furbo tatticamente. Non poteva competere con gli stopper rudi anni settanta e ottanta (chiuse la carriera nel 1987) ma il fiuto del gol e il trovarsi, sempre, al posto giusto al momento giusto, lo hanno sempre premiato. Un goleador inarrivabile, benché avesse subito non pochi infortuni ai ginocchi. Nato a Prato il 23 settembre 1956, a 16 anni passò alla Juve e a 18 esordì in prima squadra, poi Como, Vicenza, Perugia, Juventus, Milan e Verona. La consacrazione calcistica con la maglia del Lanerossi Vicenza, guidata da Gibi Fabbri, secondo posto alle spalle della Juve nel 1977-78, poi a Perugia dove incappò in una lunga squalifica (due anni) per il calcio scommesse, quindi il ritorno alla Juve. In nazionale fu uno dei protagonisti dell’avventura ai mondiali del 1978 in Argentina lanciato nell’agone internazionale da Enzo Bearzot formando con Bettega una coppia d’attacco formidabile. Quattro anni dopo Bearzot lo convocò ancora benché fosse fermo per la squalifica. In Spagna il citi azzurro si attirò tutte le critiche per averlo schierato, nelle partite con Perù,Camerun e Polonia. Rossi non si reggeva in piedi, poi l’esplosione nella fase finale con i tre gol al Brasile, i due alla Polonia e uno alla Germania. Vinse il mondiale, il titolo di capocannoniere e il Pallone d’Oro. I tifosi atalantini di una certa età si ricordano di certo la domenica del 30 ottobre 1977: Atalanta-Lanerossi, due neo promosse. Fini 4-2 per i biancorossi con una doppietta di Paolo Rossi, il primo gol beffando Vavassori e Mei, e il secondo su calcio di rigore. Era l’inizio di un fuoriclasse. Gli sia lieve la terra.
Giacomo Mayer