Portiere, presunto jolly tatticamente (dis)utile, fantasista che non s’accende mai quando conta e quando dovrebbe. Dal ritorno degli ottavi col Real Madrid almeno tre giocatori sono usciti con le ossa rotte. E no, l’adduttore dello stakanovista Robin Gosens non c’entra, è un muscolo. “Abbiamo giocato sotto standard dal punto di vista tecnico, sbagliando passaggi facili e concedendo i primi due gol”. Se lo dice il Vate della panchina, allora significa che l’Atalanta il passaggio-bis ai quarti di finale di Champions League tanto bene non dev’esserselo giocato. Al netto degli episodi, leggi rosso precoce a Remo Freuler per toglierlo di mezzo a campi invertiti e primo tempo precocemente concluso a Valdebebas con Luis Muriel lanciato in porta da Matteo Pessina, due cannate pesanti delle giacchette colorate Tobias Stieler e Danny Makkelie, nel conto vanno messi quel rinvio di Marco Sportiello a favore di inserimento con rimorchio di Luka Modric per il vantaggio di un Karim Benzema fin lì senza porta all’orizzonte e quel passaggio errato di Josip Ilicic a Ruslan Malinovskyi che ha esposto Rafa Toloi all’uno contro uno con Vinicius per il rigore della chiusura della pratica.

Alla fine Gian Piero Gasperini s’è detto rammaricato, rimarcando peraltro la distanza di qualità con le Merengues, ma sta di fatto che hanno sbagliato di brutto il guantìpede rispolverato dalla panchina, il valore aggiunto e l’altro mancino dell’Est inserito a sorpresa allo start dal suo allenatore, che ha giustificato la scelta di tenersi Duvan Zapata in canna per 45 minuti con le precarie condizioni fisiche del colombiano e “perché non volevo sparare subito tutte le cartucce, Josip compreso”. Ma se il Toro di Cali ha fallito la possibile e parziale riapertura del match prima che lo facesse il connazionale con la punizione nel sette sbracciata malamente dal titolare della nazionale belga Thibaut Courtois, 199 centimetri sfruttati soprattutto coi piedi per dire di no due volte (22′ e 31′ della ripresa, sul 2-0) al centravanti di riserva del martedì sera, il suo assistman ucraino ha dimostrato di saper uscire dal guscio rendendosi indispensabile a una causa ormai persa soltanto da mediano. Dal 12′ della seconda frazione, infatti, la virata al 4-2-3-1 per il crac del mancino tedesco. Nella banda dei tutto-sinistri soliti spiccioli per Aleksey Miranchuk, giusto il tempo di consentire agli Zizou-men di riorganizzarsi per il 3-1 appena preso il golletto della bandiera.

Premesso che il perdurante infortunio di Hans Hateboer ha costretto al superlavoro da usura sia il ragazzo del Reno che Joakim Maehle, persosi un po’ Vazquez (sua la palla per il 3-1 di Asensio) con lo spostamento sull’altra fascia, e che mettendoci anche la caviglia di Bosko Sutalo la Dea ha dovuto affrontare la doppia sfida con qualche menomazione di troppo, qui concentrarsi sul tris di uomini difettosi è d’obbligo. Il buon Ruslan, anzi ottimo la scorsa stagione, non ne sta azzeccando una, tranne la punizione alla Fiorentina a Santa Lucia e il battistrada nella tana della Sampdoria. Tra le linee insiste troppo nel tentare l’assolo e perde una marea di palloni. In mezzo, invece, dove il Gasp proprio non lo vede, quantomeno è ordinato, avanza e apre il corridoietto, pur non avendo la fase difensiva nelle vene. E San Giuseppe? Niente più santini, da Professore sembra essere tornato di nuovo in fase Nonna, quando ciondola a pelo d’erba senza un perché.

Niente da aggiungere sull’uomo tra i pali dopo la retrocessione a dodicesimo di Pierluigi Gollini, col palato amarognolo per la sensazione del capro espiatorio di turno: dal colpo da biliardo nel finale dell’andata di Ferland Mendy, marcato da nessuno come lo scarico di Modric sull’ultimo corner contro, non è più esistito. Chi comanda dentro l’area tecnica, due vigilie di campionato or sono, ha sibilato due paroline: “competizione” e “mercato”. Arduo sostenere che il gap con una big d’Europa possa misurarsi sulla base di tre player in altrettanti ruoli chiave. Ma per continuare a crescere serve il salto di qualità anche a livello di mercato. Magari a costo di sembrare irriconoscenti verso i singoli. Di intoccabili, però, col volo a Siviglia del Papu Gomez a gennaio è chiaro come il sole che non ce ne sono più, se mai da queste parti sono esistiti. Daga dét.
Simone Fornoni