di Matteo Bonfanti
A questo punto, dopo un paio d’ore di letture sull’argomento, penso di essere l’unico giornalista a Bergamo un po’ dispiaciuto per l’esonero di Colantuono. E non è per l’allenatore, che se è vero che ha sempre raggiunto i risultati fissati ad agosto, non ci ha mai convinto fino in fondo. Perché la sua Atalanta è stata arrembante e spettacolare in pochissime occasioni, spesso di una noia mortale, legata più al colpo del singolo che a un gioco avvolgente e collaudato.
Parecchie le attenuanti. Va detto che l’ormai ex allenatore nerazzurro non si è mai trovato a disposizione la rosa del Real Madrid, ma neppure quella dell’Atletico Bilbao. A riprova l’uomo simbolo dell’era che si chiude: German Denis, uno che in Italia, prima di approdare a Bergamo, si è fatto solo tantissima panchina.  Da mister, Colantuono ha avuto una fuoriserie, costruita da Percassi nell’estate del 2010 per tornare subito in Serie A, poi tante Fiat Panda, quest’ultima, quella del 2014-2015, super accessoriata da una decina di giocatori bravini. Ma comunque un’utilitaria a confronto delle Ferrari (Juve, Roma e Napoli), delle Bmw (Lazio, Fiorentina, Samp, Genoa, Inter, Milan e Palermo), delle Punto (Udinese, Sassuolo e Verona). A giocarsela con le 500 (Empoli e Chievo) e con le apecar del nostro massimo campionato (Cagliari, Cesena e Parma). Insomma ha avuto in mano pochino e ha fatto quel che doveva, badando al sodo che era centrare la salvezza, cosa che avrebbe raggiunto anche a fine maggio se non l’avessero cacciato via. Nel giudizio del tecnico va pure considerata la filosofia percassiana identica a quella di Ruggeri: se ne abbiamo uno buono, lo vendiamo. E chi dava segni di miglioramento, finiva d’altre parti (Padoin, Peluso, Gabbiadini, Consigli e Bonaventura), Colantuono non faceva una piega e schierava il sostituto, quello che prima della sessione di mercato scaldava la panchina.
Insomma il tecnico di Anzio è stato perfetto per l’idea calcistica del suo presidente: una squadra normale guidata da un allenatore normale in un normale club di provincia che fa un campionato normale, perennemente a tre punti di distanza, ma che valgono quattro, da chi finirà in B.
Visto da qui, lontano da quel che accade all’interno dello spogliatoio, l’esonero è quindi un po’ incomprensibile. Ma ne capitano parecchi e non è che l’Atalanta abbia perso il novello Arrigo Sacchi. Ha detto addio a un mister modesto, sostituendolo con uno che pare un attimino meglio, Edy Reja. Vedremo. Domenica c’è il Parma e non si gioca, la prossima è con l’Udinese e si farà 0-0 per smuovere la classifica, per dare un segnale che si sarebbe avuto pure con l’allenatore di prima.
Non capisco Percassi che fa questa mossa, spendendo un sacco di euro, quelli per Reja e quelli che dovrà comunque dare a Colantuono. Ma sono soldi suoi, sarà in un buon periodo con le sua attività, a me non ne chiede, quindi va benissimo così.
Fatta l’analisi, tra l’altro più ovvia che non si può, spiego perché mi dispiace che l’Atalanta abbia deciso di liberarsi del tecnico di Anzio. Mi mancherà l’uomo. Perché i suoi modi mi hanno sempre fatto un sacco ridere. In questi anni i suoi “ahò”, “ma che stai a dì?”,  “che te lo dico a fa’?”,  le colorite sfuriate che ha riservato pure a me, me l’hanno fatto piacere. Diversamente da alcuni suoi predecessori, Stefano non ha mai fatto differenze tra giornali, incazzandosi o applaudendo il giornalista dell’Eco, il nostro o il collega di Bergamonews. Senza mai mandarcele a dire, evitando quel che va di moda adesso in Serie A, la querela sistematica. Non ho amato il mister, continuerò ad apprezzare la persona: elegante, sorridente e simpatica il giorno dell’inaugurazione della sede di Bergamo & Sport. E sperando che la brutta vicenda del calcio scommesse, qualcosa che è lontanissimo da lui, si chiuda al più presto e senza farlo soffrire.