Zingonia – “Io allo Spartak Mosca? Dovrei comprarmi il colbacco, sennò mi vengono i geloni alle tempie. Ma qualcuno ha perfino scritto che mi vorrebbe la Lazio…”. Stefano Colantuono l’atalantino di fede romanista e le voci di calciomercato, roba da smentita immediata ridendoci su. “Sono lontano da queste cose. Intendiamoci, non mi infastidiscono, solo che resto concentrato sul campo. A cominciare dalla partita col Livorno: la gente deve rimanere sul pezzo, come lo saremo noi, e spronarci. Questo infrasettimanale va vissuto come una finale”.
I quaranta punti e l’ottavo posto centrati a nove turni dal rompete le righe non hanno saziato la fame dell’allenatore di Anzio, che comunque vuole esorcizzare la parola “Europa” come se fosse la peste: “Adesso che abbiamo la fortuna di non doverci più guardare alle spalle, dobbiamo avere l’accortezza di non indicare chissà quali obiettivi. Fin qui è stato un campionato eccezionale, ma non abbiamo il chiodo fisso della rincorsa alla zona coppe. Miriamo al miglior piazzamento possibile e basta: tutto ciò che arriva dovrà passare dalle prestazioni contro le singole avversarie”. Il trittico contro le pericolanti, che passerà dal sabato sera a Bologna per concludersi domenica prossima contro il Sassuolo, non lascia  dormire sonni tranquilli al Cola: “Sono prove enormemente difficili, perché chi ha grossi problemi di classifica riesce a dare qualcosa di più e buttare il cuore oltre l’ostacolo. Noi siamo una squadra particolare: ci esaltiamo nell’appuntamento clou, ma magari qua e là molliamo un minimo di concentrazione. Dobbiamo essere subito bravi a dimenticare la vittoria di San Siro”. A proposito, c’è qualche sassolino ancora intruppato nella scarpa e in attesa del via libera: “Non mi pare che l’Inter abbia dominato in lungo in largo come dice certa gente: nel primo tempo c’è stata solo l’Atalanta, complessivamente abbiamo creato sei palle gol. Se loro hanno preso due legni, nel primo tempo Handanovic aveva sfoderato un paio di miracoli. La fortuna fa parte del gioco, sarebbe potuta finire pari e invece l’abbiamo spuntata noi”.
Tornando a bomba, ovvero all’impegno della trentesima giornata, le raccomandazioni del mister sono di quelle che non si discutono: “Chi pensa di andare sul velluto s’inganna. All’andata perdemmo giocando un incontro bruttino perché sbagliammo completamente l’approccio. Il Livorno è in salute, a dispetto dell’ultima sconfitta con il Torino. È impelagato nella lotta per non retrocedere, non è spacciato: per arraffare il bottino pieno serve avere sempre il fuoco dentro”. La pretattica della vigilia è un ingrediente che non manca mai: “Ci sarà un minimo di turnover, forse tre o quattro variazioni. Nel rush finale c’è bisogno di qualche giocatore fresco. Inutile parlare di chi e di come: il gruppo ha lavorato in due tronconi fino all’ultimo, chi ha giocato a Milano di fatto ha seguito un programma di recupero”. E se qualcuno osa pronosticare il riposo per il cannoniere scelto, arriva puntuale la mezza obiezione: “Rinunciare a Denis? Ci sono elementi a cui siamo vincolati. Sicuramente non c’è Maxi Moralez: ha un problema piccolo ma fastidioso, non verrà con noi nemmeno a Bologna”. Da qui alla fine si aprono spazi per le seconde linee, ma attenzione a non esagerare: “Ho 28 giocatori, è  giusto che si tengano tutti pronti. A San Siro c’era Nica, per lui è la classica stagione d’apprendistato. Bentancourt? Sono curioso anch’io di vederlo coi punti in palio, ma è un ’93 con pochissime esperienze alle spalle. Bisogna decidersi: o gli obiettivi ambiziosi o i giovani allo sbaraglio. Impossibile far collimare le due cose”.
Della serie, si punta a correre fino al 18 maggio col paraocchi per ignorare gli stimoli e i voli pindarici dall’esterno, accettando quello che viene: “Ai ragazzi continuo a ripetere che lo scopo di questo finale di stagione è proprio non fissare limiti né traguardi. Il nostro scudetto l’abbiamo già vinto. Possibilità che si siedano sugli allori non ne esistono a prescindere, come motivatore so il fatto mio: alla ripresa a Zingonia, lunedì, ho dovuto interrompere l’allenamento da quanto andavano forte”. C’è anche l’amuleto che non ti aspetti, proprio lì tra naso e bazza: “Da quando tengo il pizzetto abbiamo inanellato una vittoria dopo l’altra. Di certo non me lo taglio fino al contrordine. E se m’invecchia perché è bianco, poco m’importa…”.
S.F.