Per me, come per tutto il pallone bergamasco, oggi è un giorno di profondo dolore. Se ne è andato Giuseppe Baretti, il padre del nostro movimento, a capo della Lnd lombarda fino a quando la malattia che l’aveva colpito non era diventata un mostro invincibile. Sapevamo tutti che Beppe stava male eppure tutti eravamo convinti che sarebbe guarito, con le stesse armi che usava per difendere il calcio provinciale tra i banchi della politica, con impegno, disponibilità, ma anche tanta allegria.
Come tutte le persone intelligenti, Giuseppe Baretti era un uomo molto simpatico. Quando a fine dello scorso febbraio, il covid ha travolto e stravolto la normalità del nostro pallone, io e lui ci sentivamo di continuo. Lo tormentavo pressoché ogni pomeriggio per chiedergli quando sarebbe arrivata la decisione più sofferta, la sospensione dei campionati fino alla fine della pandemia. Lui mi rispondeva e parevamo dentro la canzone di Lucio Battisti, ovviamente “Ancora tu”, e pur in una situazione angosciante e angosciosa, Beppe sapeva farmi ridere, “Bonfanti, cosa ti devo dire che non ti ho detto ieri?”, “Presidente, la prego, se ne inventi una. E trovi il modo di farci continuare a giocare…”. E lo sentivo ridere dall’altra parte della cornetta. Se era nel periodo di cure, a volte molto intense e che lo debilitavano, lasciava detto a suo figlio Andrea di chiamarmi per raccontarmi dove stava andando il Comitato Provinciale. Ci teneva, come ci tenevo tanto anche io.
Giuseppe era una persona cordiale, oltre che capace e mai banale. Sapeva vita, morte e miracoli di ogni club bergamasco e aveva qualcosa che manca a certe elite del pallone, ossia la totale competenza che è sempre figlia di un’immensa conoscenza. Beppe non era finito per caso sulla massima poltrona del nostro pallone, lui era diventato il presidente lombardo della Lnd perché era stato un grande dirigente in tanti club della provincia bergamasca. Per questo era molto bravo, perché sapeva interpretare i bisogni di chi è al comando delle nostre società, senza che neppure glielo chiedessero.
Addio a un uomo bello, simpatico, disponibile, con me immensamente paterno. Se ne va un pezzo di calcio bergamasco, il nostro compito d’ora in avanti sarà tenerne sempre viva la memoria.
Matteo Bonfanti