ROMA – Se lo zero a zero con l’Inter valeva una vittoria, quello all’Olimpico con la Lazio conta, negli annali, come la realizzazione di un’impresa d’altri tempi. Perché l’Atalanta che ha affrontato una Lazio senza idee è stata una squadra con connotati di coraggio e di sofferenza che Gasperini ha composto come un puzzle impazzito faticando a trovare undici giocatori che potessero ricoprire ruoli e compiti adeguati. Ma, per qualche riga, permetteteci di raccontare una vera odisssea di come la comitiva nerazzurra è riuscita ad approdare a Roma. Quando venerdi sera, intorno alle 20, l’Atalanta ha emesso il comunicato che rimandava al sabato mattina la partenza per Roma, causa nuove positività tra i giocatori, si è temuto il peggio,vale a dire un altro rinvio, dopo quello col Torino. Poiché non si conosceva l’entità dei possibili assenti (7 o 8?) il rischio era piuttosto alto. Gasperini si è guardato intorno e ha contato i giocatori a disposizione e, non lo sappiamo ma crediamo che abbia trascorso una notte di meditazioni tattiche e tecniche. Di Gosens e di Zapata si sapeva, poi il Covid si è abbattuto estromettendo Hateboer, De Roon, Koopmeiners, Malinovskyi, Pasalic, Muriel, Ilicic e pure Cittadini benché non ci siano state comunicazioni ufficiali. E anche noi cronisti ci siamo trovati nell’incertezza di prendere il treno per Roma. Poi la partenza e durante il viaggio tutti quanti ad arzigogolarci sulla formazione. All’Olimpico si è svelato l’arcano, si fa per dire, con uno schiaramento inedito: davanti a Musso, Djimsiti a destra, Demiral in mezzo, insuperabile, a sinistra Palomino, mai un errore tattico, Pezzella e Zappacosta esterni, poi la sorpresona: Scalvini a centrocampo a bloccare Milinkovic Savic, un incarico assolto con grande spirito di sacrifico, Freuler a tuttocampo con sagacia, Pessina, incursore, mediano e mezza punta, Miranchuk, primo tempo nella nebbia, secondo tempo con lampi illuminanti, poi al 28’ della ripresa fuori per infortunio, e al centro dell’attacco Piccoli che ha lottato con generosità, del resto era solo soletto nella morsa di Luis Felipe e di Patricio. Anche Toloi e Maehle e negli ultimi minuti gli esordienti De Nipoti (2003) e Sidibe (2002).
La partita è facile da raccontare: Lazio sempre col possesso palla, Atalanta attenta a coprire spazi e e varchi altrui. I boys di Sarri però non hanno mai creato pericoli seri tant’ è vero che Musso non ha voti in pagella perché mai e poi impegnato. Certo, c’è da menzionare il palo di Zaccagni al 18’ della ripresa. Un’occasione nata da un mancato rinvio di Djimsiti e non da un’azione sfavillante dei padroni di casa. E’ altrattanto vero che l’impegno di Strakosha è stato nullo ma non per sue responsabilità bensi perché gli atalantini non hanno quasi mai tirato in porta. E’ comunque quasi un miracolo lo zero a zero. Primo tempo povero di spunti, secondo tempo con qualche sprazzo di luce verso la porta laziale ma l’infortunio di Miranchuk ha spento inutili illusioni, lo spavento per il palo di Zaccagni e poi Maehle e Toloi con Pezzella e Pessina un po’ a centrocampo e un po’ trequartisti, anche se è un eufemismo. Così l’Atalanta incamera un punto prezioso e conferma la sua imbattibilità in trasferta. Adesso la sosta, quanto mai benedetta, nella quale Gasperini potrà recuperare infortunati, sintomatici, asintomatici e spaventati da Omicron.
Giacomo Mayer