Anche se ci sono i morti, anche se sono vicini vicini, occorre misericordia perché ci manca solo essere incazzati gli uni con gli altri. Occorre misericordia e buonsenso.
Occorre misericordia per chi va a correre sperando appaia un sorriso dietro la mascherina, occorre misericordia per l’anziano disperato che sta cercando di attaccare bottone col marocchino alla pensilina del Palazzetto, occorre misericordia con chi fa finta di andare a fare la spesa e ha le buste dell’Esselunga piene di cartone e lo fa perché ha bisogno di vedere mani, braccia e facce, occorre misericordia per chi sta portando fuori il cane e la bestiolina non ce la fa più, che è il cinquantasettesimo giro che si fa e ha la lingua a penzoloni, occorre misericordia per le donne maltrattate, che una la conosco ed è la sesta volta che oggi è in coda al Carrefour, col sorriso pieno di chi per fortuna sta scampando a parte delle botte quotidiane, occorre misericordia per chi è solo come non è stato mai, il divorziato oggi al Pam, che l’hanno bloccato questa mattina in via Baioni mentre cercava di andare a vedere i suoi figli, che sono la sua vita, ma stanno a dieci chilometri di distanza e adesso non si può (qualcosa che è disumano…). Occorre misericordia perché Stella e Alice, che hanno sei e due anni, hanno bisogno di andare in bicicletta, stare al sole, all’aria, gli serve per crescere, senza, si spengono. Occorre misericordia per Pippo, che ha la sindrome di down, richiuso a casa spacca tutto mentre lungo la ciclabile che porta in Città Alta diventa un fiore perché si sente a casa. Occorre misericordia per Vinicio, mio figlio, tredici anni, il primo amore, i brividini, quella cosa nuova nuova che sono le passeggiate mano nella mano, con lei, la sola e unica per cui è necessario vivere (ve lo ricordate?), lei che in questo momento è scomparsa tra le pieghe dei decreti quotidiani del signor Conte. Occorre misericordia pure per me, che di lavoro scrivo e senza gente intorno soffro come una bestia perché non so cosa raccontare.
Occorre buonsenso, che vuole dire che non è il momento di far festa, ma un giro lo si fa, con la mascherina, a dieci metri dal mondo, ma si deve perché ci manca solo di impazzire adesso che sta iniziando la primavera. Occorre buonsenso, che diritti e doveri sono quello che ha fatto e fa l’Italia, anche se chi ci comanda non la pensa così, perché in un colpo ce li ha tolti entrambi, senza spiegarci manco il perché, inventando un sacco di panzane (che rabbia, ma diteci la verità…). Occorre buonsenso, perché ci sono tante cose che non ci tornano ogni volta che ci dicono di stare fermi, zitti e buoni. Fuori da casa mia ci sono i pullman che continuano a passare, a tre chilometri gli operai che ogni giorno si alzano la mattina per timbrare il cartellino, perché? Occorre buonsenso, che è stare molto calmi, perché chi dovrebbe tutelarmi da questo male, ora mi dà le multe e mi fa l’interrogatorio, ed è successo a Genova ed è accaduto a Stefano Cucchi e tutte due le volte è stato talmente brutto che è meglio lasciar perdere, cercare di non ricordare. Occorre buonsenso, tenere bene bene in testa che ridere a una battuta fa bene, e sganasciarsi è da sempre la medicina migliore scoperta sul pianeta Terra.
Occorre solidarietà, che non è fare le foto al povero Cristo che non ce la più per denunciarlo come untore sul proprio Facebook, a caccia dello squallido ballo dei “mi piace”. Non è offenderlo dalla finestra del tuo appartamento in centro. Se sei un essere umano, fai il contrario, gli dici dal balcone: “Come va? Periodo duro duro, ma passerà, ce la faremo. E ora vai a casa, ma se hai bisogno chiamami al 340 8605833, il mio numero (è questo, davvero), che ci facciamo una bella chiacchierata”.
Occorre misericordia e buonsenso. Passata, occorrerà buona memoria, perché a Bergamo siamo ora e qui perché ci sono stati sindaci e leader maximi della politica nazionale che ci hanno detto di sbattercene e di far festa mentre iniziava la pandemia, neppure un mese fa, e altri primi cittadini che hanno detto che le fabbriche non vanno chiuse, mai e poi mai, perché prima di tutto il lavoro (e infatti sono ancora aperte). E ci sono i video, dei cento nostri rappresentati opposti alla zona rossa. Ci fosse stata, adesso non saremmo qui. Il nostro impegno sarà riguardare le loro dirette per scegliere il mondo che verrà.
Occorrerà scoprire i colpevoli del disastro, che non sono né il nonno alla pensilina, né il divorziato, né la donna maltrattata, né Stella, né Alice, né Vinicio, né Pippo, né Matteo, che sono io. Ma chi paghiamo per risolvercela e ha aspettato tanto per farlo, buttandola tutta addosso su di noi.

Matteo Bonfanti

Nella foto Città Alta ieri. Senza nessuno