Bergamo, via Santa Caterina, i raggi del sole, l’aria primaverile, i baci che sa dare mio figlio Vinicio e che io ho dato solo una volta in vita mia, la malinconia, averne voglia senza mai riuscire ad amarla fino in fondo. L’azzurro tutto intorno, la strada del ritorno che si allunga uguale uguale a una scena del primo episodio di Cars, il mio film preferito, il solo di cui conosco ogni battuta a memoria, Calolziocorte, Cisano, Pontida, Londra, Parigi, New Orleans e San Francisco, quella ragazza, il suo fiore, le margherite che crescono accanto ai binari della ferrovia, la mia Bmx rosso fuoco, il rampichino, i cambi Shimano, la musica che gira intorno, per niente facili uomini sempre poco allineati, la pioggia che va e ritorna il sereno, la mia chitarra, il bar dei cinesi a metà della Briantea e i meravigliosi stuzzichini che ha lungo il bancone, un Negroni, un bianco fermo, “va benissimo il Lugana, grazie”, “prego”, “tornerò”.
La mia terra, le montagne, Valcava e le sue antenne, la Pandona, Brivio e l’Adda, i pensieri lungo il mio fiume quando guardo le nuvole ed è tempo di coccolarmi, il tramonto, la voglia di prendere e di andare, Capo Verde, gli africani, l’Oceano, Lisboa, Pessoa, i sassi da far saltare, il vaccino alle sei in punto, le ragioni di una parte, quelle dell’altra, Draghi che ha quella faccia lì, vampiroide dura, le banche che sono un posto senza amore, Mediaset, Parmalat e Cirio, i politici che vanno a magnare tutti insieme nell’unico Paese al mondo dove non esiste una destra ma manco c’è una sinistra, le stecche, i camici, Fontana e Salvini, i quarantanove milioni, la democrazia e chi ce l’ha, Berlinguer, le bandiere rosse, mio papà, l’arcobaleno sopra Valgreghentino, mia mamma, la Vale, che somiglia alla Madonna, Gesù, il rosario, Sant’Agata, mia nonna Pina, Aldo Moro, Lecco, il Vial Turati, la mia gioventù, l’Aurora San Francesco, Primolo, Ciano, i Frati, Dritto, Teti e Nic, i Blur, i Virgo, i Blond Red Head, Kurt che canta la sua disperazione, Nevermind, Genova, quei coglioni pippati del Fronte della Gioventù, Schindler List adesso su Netflix, il barbone morto di stenti nella mia città che ha perso la pietà, l’esproprio proletario spiegato a mio figlio Zeno con i versi di una canzone, “stai sempre dalla parte di chi ruba nei supermercati e non di chi li ha costruiti rubando”.
Ancora, tu che ci sei, ma non sei qui, la luna piena che mi chiama, la Valle Seriana, Simone qui a lavorare, dolce come il miele, Marco al telefono, occupandosi di me, la dottoressa di Albino, la pera appena fatta, il Blu Puro, un Vecchio Amaro del Capo per digerire ogni dubbio, i miei occhi, il tango, l’Argentina, Maradona che amo e chissà se avrebbe fatto la mia scelta, il Milan che perde perché l’Inter deve vincere lo scudetto, il mio lavoro che non c’è nonostante stiamo tutti da dio, chi in tv fa la morale, la dittatura sanitaria, i virologi, i giornalisti, Rino Gaetano, il cielo che è sempre più blu, le stelle, i tuoi occhi, la poesia dei giorni e scriverne di notte per liberarne almeno un pezzetto, piangere e ridere, che è importante. Chi sta male, Engels, Bakunin, Marx, le formiche, l’insieme e i suoi individui, il mare, il lago e remare, la barchetta di mio cognato Riccardo che, se ci mettiamo d’impegno, potrebbe portarci anche in America, persino a Nuova York se solo tenessimo intatta la nostra allegria e ritrovassimo l’immaginazione che avevamo da ragazzi.
Così mi sono vaccinato anch’io, oggi che è il 17 gennaio 2022. Ad Albino mi hanno fatto la prima dose, credo Pfeizer, e sto bene bene, spero sia acqua o Nutella o zucchero filato, giusto per tornare subito a sognare.
Matteo Bonfanti