Da sempre amici, Cristian Bellina ha scritto al nostro direttore, Matteo Bonfanti, una bellissima lettera sui motivi che lo hanno portato in questi giorni a dire addio al calcio giocato. Parole bellissime, quelle di un eterno ragazzo intelligente ed entusiasta, un uomo spogliatoio che ha legato con tantissimi compagni di squadra che ha avuto in questi venticinque anni di carriera tra i dilettanti. Chi conosce Cristian sa che non ha solo grandi doti calcistiche, ma soprattutto umane, il capitano della Calcinatese è infatti una persona solare, allegra e disponibile. La speranza è che resti nel nostro ambiente, magari come mister perché di gente come lui abbiamo tutti bisogno…

Ciao Matteo,
cosa ti devo dire?
Devo essere triste perché saluto lo sport che da quando ho 16 anni mi accompagna ogni settimana o devo essere felice perché finalmente potrò dedicare più tempo a seguire i miei figli sui campi della nostra provincia?
Considero i 16 anni perché è li che ho iniziato a tastare la prima squadra, è li che ho iniziato ad impostare i pranzi della domenica che vanno avanti praticamente da allora… pasta in bianco o al pomodoro più bresaola o prosciutto crudo e grana.
Il mio pranzo preferito.
Ma ho deciso di dire basta al calcio giocato. L’impegno degli allenamenti durante la settimana sta diventando troppo ingombrante, ma soprattutto sta diventando troppo facile farsi male sul campo.
La domenica sera ormai quando torno dalla partita sono devastato. Indolenzimenti ovunque.
Meglio fermarsi magari riuscendo a chiudere con una bella promozione.
Non è sicuramente un addio al calcio perché fin da quando sono bambino mi ha sempre accompagnato e mi accompagnerà anche dopo. Farà sempre parte della mia vita e dei miei interessi.
Però perché essere triste quando invece posso essere felice di salutare e ringraziare tutte le persone che hanno condiviso con me questa parte di vita; questi 25 anni?
Innanzitutto voglio ringraziare i miei genitori e mia moglie che mi hanno sempre supportato e sono sempre stati i miei primi tifosi. Mio papà poi non si è perso praticamente mai una partita mia o di mio fratello dal 1998.
Ogni tanto ricordiamo ancora l’inverno del 1999 quando nacque la mia prima sorella… Helen che oggi ha ormai 23 anni e studia da dottoressa. Ero stato inserito per le selezioni della rappresentativa provinciale dell’allora torneo delle provincie. Avevamo fatto tutte le amichevoli e c’era un inverno freddissimo. Mi ricordo mio papà che mi portava ad ogni partita, rimaneva lì a guardare e poi nel tragitto di ritorno commentavamo come era andata e quanto freddo faceva se era più freddo quel giorno o quello dell’altra partita.
Voglio ringraziare tutte le persone che ho incontrato in questo tragitto; persone dalle quali ho imparato come comportarmi e persone dalle quali ho imparato come non comportarmi.
Ho sempre cercato di essere corretto ed educato. Di dare l’esempio con i fatti e non tanto con le parole buttate lì a caso.
Troppo facile fare i bei discorsi e poi con i fatti fare l’esatto opposto. Preferisco far parlare i fatti.
Ho avuto la fortuna di giocare con tante persone, importanti sotto diversi aspetti. Chi per qualità tecniche come ex professionisti di serie A, chi per qualità morali che magari non avevano mai raggiunto nemmeno la Prima categoria.
Sono soprattutto contento di aver instaurato molti buoni rapporti e tanti durano ancora oggi e vanno avanti anche fuori dal calcio.
Sono contento di aver giocato per diversi anni anche con mio fratello anche perché così risolvevamo un problema a nostro papà. Non doveva scegliere quale partita andare a vedere.
Mi ritengo pure fortunato di aver avuto molte soddisfazioni con le mie squadre: sono partito dal Gorlago in cui ho fatto il settore giovanile per poi approdare alla Bergamasca Zanica in serie D.
Da lì ho fatto metà anno al Palazzolo e metà alla Colognese.
L’anno dopo è iniziata la storia d’amore con il San Paolo d’Argon dove ho avuto la fortuna di vincere un play off nel 2003, un altro play off nel 2010 più la vittoria della Coppa Italia e aver disputato un’altra finale di Coppa Italia nel 2008.
Dopo 10 anni sono passato a Casazza dove anche lì ho vinto una Coppa Lombardia e abbiamo sfiorato l’anno dopo la vittoria del campionato di Promozione.
Verso la fine è nata questo progetto di creare una squadra di “amici” con l’obiettivo di gestire la squadra in collaborazione con l’allenatore.
Dare una mano nella costruzione e poi tutto passava nei suoi comandi.
Abbiamo ottenuto dei buoni risultati a Gorlago con Passoni dove abbiamo vinto un play off alla grande e successivamente anche a Calcinate dove mi appresto tutt’ora a chiudere.
Anche lì siamo riusciti a vincere un campionato, quello famoso del Covid.
Mi posso ritenere soddisfatto perché oltre ai bei momenti ho conosciuto davvero tante persone che mi hanno permesso di crescere dal punto di vista calcistico, ma soprattutto dal punto di vista morale.
Posso dire con certezza che lo sport aiuta veramente a crescere sia nei momenti felici, ma anche in quelli meno belli perché ti fa capire come ci si deve comportare e come si deve reagire di fronte magari a delle ingiustizie.
Insisto anche con i miei figli che facciano sport. Non tanto perché voglio che giochino; faranno poi quello che vogliono e lo sport che preferiscono. E’ importante perché lo sport ti insegna a stare con gli altri e ti insegna le regole dello stare con gli altri.
Ti insegna che si può vincere, ma soprattutto che si può perdere ed è proprio dalle sconfitte che si impara come rialzarsi e come comportarsi.
Forse quello che manca un po’ al giorno d’oggi nel calcio è la passione che c’era quando io ho iniziato. Però è vero che tutto è figlio dei tempi che si vivono. Allora c’era il calcio, il calcio e il calcio.
Oggi ci sono tanti altri sport e svaghi e quindi posso capire che ci possano essere più scelte o più interessi.
Cristian Bellina

Nella foto di copertina, Cristian con la maglia della Calcinatese. Qui sotto i suoi grandi tifosi: la moglie Silvia, i figli Maximilian e Alexander, che è un baby calciatore del Brusaporto