Cullateli come quando erano piccini picciò e avevate voglia di mangiargli le manine e i piedini. E se sono diventati troppo grandi, e non riuscite più a tenerli in braccio, accarezzateli con le vostre parole più chiare, meglio se celesti.
Fate come fanno i miei, Valeria e Marco, fate uguale a Costanza, sosteneteli sempre e comunque. Esaltate le loro piccole ed esili vittorie, brindando manco fosse il successo dell’Atalanta nella finale di Champions League. Ridimensionate le disgrazie che gli capitano, raccontandogli che le avete vissute anche voi alla loro età. Perdere è normale, a volte è pure bellissimo, una questione di metodo. Non siate superiori, mai.
Spiegategli che avete preso quattro e mezzo al vostro primo compito di italiano, fatelo se di lavoro siete uno scrittore come me, accarezzategli il crapino se sulla pagella arriva un cinque in storia, anche se è la vostra materia, la più importante che c’è. Domandatevi. Interrogatevi perché la loro insufficienza è arrivata, senza accusarli. Chiedetevi cosa gli è mancato, magari è stato un buco nell’immensa casa che è il vostro affetto per loro, forse c’è che non li avete guardati abbastanza, capita, del resto la vita che viviamo, quella di giocare ogni volta a guardie e ladri, è quasi sempre un casino. Non colpevolizzatevi.
Ridete con loro, quando vi viene, piangete se è il momento. Non vergognatevi di condividere le vostre lacrime, vengono per farsi abbracciare forte forte. Ed è stupendo farsi abbracciare, ma pure abbracciare è una figata (e anche farsi le coccole). Siate il meglio, è facile, siate veri, è la sola cosa che per loro è importante. Parlate ogni sera di qualunque cosa, persino che vi siete innamorati o che non sapete come fare sul lavoro.
Fidatevi, togliete le chiavi dalla vostra vita, lasciate la vostra porta aperta ai loro amici. Ascoltatene le voci, preziose, considerateli individui, viveteli alla pari, solo un minuscolo gradino sopra, per l’acqua e il pane, per l’accoglienza, il loro fabbisogno. Siate squattrinati, generosi senza fare calcoli, che l’obiettivo è la felicità, mai i soldi, spesso un’immensa sfiga per chi ne ha.
Andatene sempre fieri perché hanno il vostro profumo. Mettetevi come da ragazzi sul banco di scuola, perché è la prima volta pure per voi e dovete imparare. Baciateli, e se non potete farlo ogni sera perché siete lontani, scrivetegli che vorreste farlo. Mandategli messaggi, coi cuori e tutto il resto, come fate quando vi menate via per una fighetta bellina forte. E’ una frase, “ti amo, tu sei la cosa che per me è più importante”. Ditegliela quando li vedete con gli occhi bassi, ditegliela quando sentite che gli serve, ditegliela soprattutto quando vi serve.
Amateli da pazzi, senza vergognarvi, perché sono i vostri figli, il vostro sangue, metà della vostra anima, la sola cosa che resterà quando non ci sarete più. Innaffiateli d’amore perché sono i vostri fiori.
 
A Vinicio e a Zeno, i miei figli ormai grandi, piccolissimi nella nostra foto sul frigo, a tutti gli adolescenti del mondo, alla fortuna che ho di averne tanti accanto, grato di ogni insegnamento.
 
Matteo Bonfanti