di Daniele Mayer
Pensate di essere un dirigente di azienda o un facoltoso manager pubblicitario: cosa fareste se vi contattassero dagli Stati Uniti, dalla Cina, dalla Russia e – perché no – anche dagli Emirati Arabi, offrendovi faraonici contratti che nel Vecchio Continente non vedreste mai nella vita perché siete poco considerati o semplicemente perché nessuno crede in voi? Ecco, se vi siete già dati una risposta, non stupitevi quando qualche calciatore migra verso queste terre lontane. Sono sempre di più i giocatori europei che decidono di lasciare il proprio continente in cerca di fortuna in campionati di sicuro meno competitivi dal punto di vista tecnico, ma più che competitivi dal punto di vista economico. Vero, i calciatori non guadagnano poco anche qua ma quando ti aumentano il contratto di qualche zero tutto vacilla. Pionieri di questo nuovo fenomeno sono stati, oltre allo spice boy David Beckham, il francese Thierry Henry, alla terza stagione nei New York Red Bulls, Obafemi Martins, alla seconda esperienza coi Seattle Sounders, nei quali milita anche Clint Dempsey, e perché no, anche Marcello Lippi e Alessandro Diamanti nel Guangzhou Evergrande, in Cina. Tutti d’accordo sul fatto che giocare in Premier, nella Liga, nella Bundes e in Serie A non sia la stessa cosa che affrontare squadre sconosciute ai più, ma negli ultimi anni, paesi come USA, Cina e Russia hanno fatto passi da giganti. Strutture all’avanguardia che in Italia ci sogniamo la notte, stadi sempre pieni (che in Italia ci sogniamo la notte!), allenatori esperti e contratti sultaneschi sono certamente dei buoni motivi per trasferirsi in campionati all’apparenza meno importanti e meno noti. La Russia è già da un decennio che si è evoluta calcisticamente, portandosi quasi al livello dei campionati europei più importanti, ha rifondato al Lega calcistica e gli investimenti degli imprenditori russi sono una manna dal cielo per squadre che fino a qualche anno fa nemmeno esistevano. Eto’o, Spalletti, Roberto Carlos sono solo alcuni dei grandi nomi che hanno solcato i campi russi, lo Zenit di San Pietroburgo è qualche anno che arriva sistematicamente agli ottavi di finale di Champions League, il CSKA è una squadra insidiosa e per nulla facile da battere, così come lo è il Rubin Kazan. Squadre senza un’importante storia alle spalle, ma con conti in banca da urlo. USA e Cina sono più o meno sullo stesso livello. Maggiormente competitiva è per ora la Major League Soccer, dove convivono giocatori americani e sudamericani, ed ex stelle del calcio europeo. David Villa, Sean Wright-Philipps, Robbie Keane, Kakà, Di Vaio e Nesta sono tra i più famosi che hanno militato o militano nel campionato statunitense, diventato popolarissimo negli ultimi tempi. La Cina seppur sia per ora meno ambita vanta stadi stupendi e spesso pieni. Il Guangzhou di Lippi è ormai la squadra regina d’Asia e ha soppiantato in poco tempo le “big” giapponesi e coreane. Gli Emirati Arabi hanno gli sceicchi e ogni team calcistico mette a disposizione dei propri calciatori ville immense. Dal punto di vista strettamente tecnico-calcistico questi campionati non sono ancora granché, ma i soldi, sopratutto nel calcio, contano e non poco.
Per ora vincere la Champions League o giocare nel Real o nello United è più importante, ma il Mondiale in Brasile ci sta insegnando che anche le “piccole” nazionali sanno correre e segnare. Per ora giocare in stadi ricchi di storia come Anfield o Westfalen ha molto più fascino. Per ora le squadre europee che investono sono di proprietà di sceicchi o di imprenditori americani (City, Psg, Manchester United, Liverpool, Bayern Monaco). Chissà cosa potrà succederà quando la smetteranno di guardare in casa d’altri e inizieranno ad operare in casa loro. Potrebbe essere il punto di non ritorno, ma per il nostro calcio.