Ora io sono comunista, ma comunista che manco mia mamma, la Vale, che è comunista, capisce come faccio a essere così comunista. Ci resta spesso male dal mio eccessivo comunismo che, poi, in definitiva, implica anche il suo. Del resto il comunismo è qualcosa di collettivo, sicché li soldi per mantenere i miei figli mi capita spesso di chiederli a lei, che, da comunista, li dà a me, che bacio lei (mia mamma), che bacia lui (uno dei miei figli, o Vinicio o Zeno), che bacia me (va bé, è la canzone del momento e la conosciamo tutti, una sorta di bigino de Il Capitale di Karl Marx se solo si cambiano i limoni con gli euri). Quindi mi sento al di sopra di ogni sospetto se dico che soffro un po’ per Giambruno e un sacco per la Meloni e ne ho anche discusso animatamente con mio padre, Marco, comunista pure lui, insomma parte della catena dei denari che ingrassano i miei pargoli. Era lunedì sera, col mio vecchio magnavamo all’Ermete, io l’Oceano, lui il Pepito. E mi diceva: “Sì, però, se hai il fidanzato che è un po’ bigolo, non è che puoi menarcela ogni giorno con Dio, patria e famiglia tradizionale. Finisce che pari parecchio imbecillotta. Piuttosto che sostenere i ciellini, dai due soldi a chi fa il menage a trois (una relazione a tre, che, a guardar bene, è ancora la famosa canzone, ossia lei che bacia lui, che bacia me, che bacio lui, ndr)”. Severo, ma giusto, Bonfanti senior, vecchio compagno di rilievo, segretario a Lecco di Democrazia Proletaria. Eppure, da collega, e qui parlo di Giambruno, mi chiedo: lui lì è proprio così oppure giocava, cosa che fa il novanta per cento degli italiani, masculi e femmine, nelle pause di lavoro quando si è in ufficio? Detto che non ho mai molestato alcuna donna, all’inizio del millennio, quando ero assai giovane, assegnando i servizi al compianto Daniele Rigamonti appoggiavo il mio pene sulla sua scrivania, una delle quattro della redazione sportiva del Giornale di Bergamo, va detto formata da soli uomini. Tutti ridevano perché lui non se ne accorgeva, intento com’era a lamentarsi di mister Gustinetti. Ero scemo, lo so, e non lo faccio più. Ma canto a squarciagola dalle quattro alle otto ore al giorno, tormentando i colleghi con le mie canzoni inventate sul momento. Immagino dove sarei adesso se all’epoca ci fosse stato tra di noi un inviato di Striscia la Notizia. Alla berlina. Magari in carcere.
Quanto a Giorgia, a cui voglio bene dopo aver letto i messaggini su whatsapp tra lei e Feltri, noi uomini sappiamo essere doppi, tripli e quadrupli. E qui si torna alla canzone del momento, lui che bacia lei, che bacia me, che bacia lui. Per me la Meloni non sapeva che lui se le baciava tutte. Del resto non è comunista.
Matteo Bonfanti
Nella foto io questa mattina perché non so che altre foto mettere