La gagliarda prestazione di Marassi nella coda stagionale, valsa il terzo successo lontano dalle Mura Venete grazie alle zampate di D’Alessandro e Kurtic, bravi ad affondare gli artigli sui succulenti cabaret del neo italiano Papu Gomez, ha dimostrato che per l’Atalanta i conti sono puntualmente tornati. Quelli tra i lati opposti del tavolo di Zingonia, invece, si chiudono entro mercoledì. E il veteranissimo Edoardo Reja pare già avere lo scontrino in mano. Perché se Antonio Percassi non avesse già deciso di mettere i lucchetti alla cassa, piena della seconda salvezza di fila su cinque regalatagli dall’uomo di Lucinico, l’avrebbe già annunciato. Magari all’indomani delle certezze dell’aritmetica, arrivate in virtù del ko del Carpi alla terzultima, con i nerazzurri a cadere sotto i colpi di Higuaìn a Fuorigrotta.
Nonostante il prescelto per il girarrosto del post Colantuono abbia svolto egregiamente il compitino, l’assordante silenzio presidenziale sulla sua riconferma, unito al rinvio del parlatorio a bocce ferme, è suonato come un addio. Nessun rancore, tanti saluti e ognuno per la sua strada. Perché il Vecio, ove pregato di restare al suo posto, chiederebbe garanzie: patti chiari, amicizia lunga e niente trappoloni, tipo titolarissimi che partono per la tangente e sostituti costretti a ritrovare la forma partita tra allenamenti e ricerca delle alchimie giuste col resto della truppa. Il problema della proprietà, chiamata a pescare la carta vincente tra Prandelli e qualche asso di riserva (Maran, Iachini, Pioli e Carrera su tutti), sarà di far coincidere la scelta con l’avvio di un nuovo ciclo. La formula dell’usato sicuro, reiterata con la cessione di plusvalenze (Moralez e Grassi) direttamente dalla finestra invernale del calciomercato, lascia però il dubbio che si continuerà a vivere alla giornata. Programmazione a breve termine, permanenza al piano di sopra come unico obiettivo, stadio da prendersi all’asta per riattarlo con la copertura totale e altre delizie. Fine della predica.
I sogni europei possono attendere. Intanto sarà già un miracolo se tra Sportiello e de Roon ce ne sarà uno che non andrà al Napoli, corsia preferenziale del mercato in uscita. Piano per piano e vano per vano, la casa, seppur restaurata ai minimi termini, avrà bisogno di mattoncini qua e là. Paletta e Cherubin tornano al Milan e al Bologna: dietro o si corre ai ripari o si punta decisi sulla torre croata (centimetri centonovantotto) della Primavera Anton Kresic. Su Diamanti e Borriello pesa l’incognità dell’età e delle opzioni personali, più che la volontà del management di trattenerli. Se Pinilla e l’ex fidanza di Belen faranno in due una prima punta affidabile, a prescindere da Monachello e dal neo arrivo Petagna (un peso massimo di talento ma finora inespresso), non si sentirà nemmeno la necessità si sfogliare la margherita tra un Idrissa Sylla, guineano che all’Anderlecht fa panchina a Stefano Okaka (avessi detto), e un Sam Larsson che in dote ha il fatto di provenire dall’Heerenveen, stessa scuderia del tulipano del centrocampo. Non parliamo poi del ’93 dell’Argentinos Juniors Lautaro Rinaldi, solito carneade che aspira al ruolo di oriundo-sorpresa (salvo passaporto tricolore, che non risulta avere).
Nomi su nomi, molti dei quali già riecheggiati nei corridoi delle stanze del potere a gennaio, per dire della schizofrenia di un’annata da montagne russe che ha finito per ripercuotersi sulla sinusoide del rendimento. Un campionato in tre tronconi, anche tatticamente, vedi ricorso alla retroguardia a tre a inverno inoltrato. Il bottino pieno contro il Genoa, terzo nella tana altrui dopo quelli di Empoli e di Roma (sponda giallorossa), ha consentito di centrare il quindicesimo punto (pari a tutti quelli racimolati in trasferta: pochini, sui quarantacinque totali) negli ultimi nove match. La cifra di una salvezza tranquilla, con un sostanziale ritorno al tridente nell’ultimo atto dopo la virata scacciacrisi al 4-2-3-1 sulle ali della doppia vittoria interna con Bologna e Milan a cavallo della pausa pasquale. Prima, la grande illusione e la disillusione da fifa blu: 24 punti in 15 giornate, il girone d’andata concluso con un poker di ko e il prolungamento del digiuno fino alla serie record di quattordici (8 reti segnate, 20 subìte) e soli sei punti raccolti. Quarantuno gol, di cui ventisette fra le mura amiche, e quarantasette beccati (ventuno a Bergamo), Gomez capocannoniere con sette, seguito dai cinque di PiniGol, dai quattro del transfuga Denis e della new entry Borriello e dai tre di D’Alessandro. Ma Reja, numeri a parte, ha messo i gioielli in vetrina. Un paio, come Zappacosta e Baselli l’anno scorso, più lo stesso Grassi in questo giro di giostra. Tanto grasso che cola, ma per il futuro non basterà ungere la ruota della fortuna.
Simone Fornoni