Era un sogno, ora è il sogno. L’Atalanta ha agguantato la finale di Coppa Italia con tutti i suoi innumerevoli pregi calcistici vale a dire forza, determinazione, “tremendismo”, ma soprattutto bel calcio. Virtù che hanno fatto innamorare l’intera penisola calcistica per una squadra, una società che fino a qualche anno fa, seppur eletta per lignaggio tra le cosiddette provinciali, ambiva al massimo ad una tranquilla permanenza in Serie A. Poi la svolta, un uomo solo al comando: Gian Piero Gasperini che, dopo il tribolato avvio, ha portato a Bergamo gioie infinite. Improvvisamente Bergamo si è svegliata dal torpore, sono finiti i mugugni attorno alla squadra, si sono scaldati i cuori e sono esplosi veri sentimenti. Prima il Comunale si è riempito all’inverosimile, poi il popolo dei fans ha cominciato a seguire la squadra in massa facendo nascere autentiche migrazioni. E adesso in attesa di conoscere il futuro europeo, con l’inno di Haendel che sgorga dagli altoparlanti del Mapei Stadium, ecco la Coppa Italia. Non è la prima volta, lo sappiamo noi bergamaschi, ma sono trascorsi cinquantasei anni da quel trofeo che ha permesso di stampare la coccarda tricolore sulle maglie nerazzurre. Eppure questa Atalanta-Lazio non manca di similitudini con quell’impresa. E’ una finale “secca”, allora Atalanta e Torino conclusero il campionato alla pari a quota 34 e non c’era una favorita. Oggi le due squadre sono abbastanza vicine in classifica e fino a poche giornate fa hanno lottato alla pari anche se nei due confronti stagionali ha prevalso l’Atalanta. Insomma, anche stasera il pronostico è incerto. Se l’Atalanta sta meglio, la Lazio è abituata a queste finali. Il rovescio della medaglia, quindi, vale per tutti. Intanto l’Atalanta si presenta all’Olimpico come una intrusa al consesso delle regine del calcio italiano, anzi ha già fatto saltare a gambe all’aria il tavolo e le pretendenti al trono stanno faticando a rimettere in piedi il loro scranno. Non è lì per caso. E ormai lo hanno capito tutti: avversari, signori e dirigenti del calcio, giornaloni e giornalini e, soprattutto, l’opinione pubblica che segue il gioco del calcio nella penisola ma, per la verità, anche fuori. E’ opportuno prendere in considerazione anche l’aspetto tecnico e tattico di questa incerta finale. Ormai Atalanta e Lazio si conoscono a memoria e quindi da una parte Gasperini muoverà il 3-4-1-2 mentre Simone Inzaghi risponderà, quasi certamente, col 3-5-2 ma sono numeri e moduli in perenne movimento. Alla forma fisica dei biancocelesti, i nerazzurri opporranno velocità e aggressività. E poi si vedrà se la difesa alta dei laziali reggerà l’urto di Zapata e Ilicic e soprattutto degli inserimenti dei nostri esterni. La Lazio si muove in mezzo e cerca il contropiede innescando Immobile, micidiale nelle conclusioni, seppur appannato in questa fase. A fianco l’estroso Correa. Ma saranno i duelli, vari e in ogni zona del campo, a decidere mosse e contromosse. Ma lasciamo perdere questo rompicapo tattico. In campo tante motivazioni che, classifica alla mano, ovviamente esulano da questa finale. Di solito le partite di finale sono brutte, troppa tattica e poco spettacolo. Ma quando c’è di mezzo l’Atalanta, nulla è come al solito.
P.S. – Il ministro degli Interni Matteo Salvini ha scritto una lettera ai tifosi di Atalanta e Lazio, pubblicata dalla Gazzetta dello Sport, invitandoli a stare buoni…
Giacomo Mayer